Un film sul calcio può insegnare qualcosa di così importante?

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Parlo di Will, un film del 2011, che racconta le vicende di un ragazzino di undici anni, orfano e tifosissimo del Liverpool, in occasione della finale di Champions League del 2005 (quella famosa, contro il Milan). Una partita rimasta particolarmente viva nei cuori dei tifosi inglesi proprio perché arrivata nel modo più inaspettato possibile.

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All’inizio del film, Will Brennand, ragazzino di undici anni, tifoso del Liverpool, è in una scuola tenuta da suore nel sud dell’Inghilterra, a causa dell’incapacità del padre Gareth a prendersi cura di lui dopo la morte di sua madre. Gareth arriva un giorno di punto in bianco, con due biglietti per vedere Liverpool giocare contro il Milan in finale di Champions League 2005 a Istanbul.

Purtroppo, prima di poter andare, Gareth muore improvvisamente. Will è determinato ad andare e onorare la memoria di suo padre. Lui scappa e lo fa fino in Francia. A Parigi gli rubano il portafogli e incontra Alek Zukic, un ex calciatore bosniaco che ha smesso di giocare durante la guerra civile nella ex jugoslavia. Nonostante la riluttanza iniziale di Alek di mettersi in gioco, egli si ispira alla determinazione e alla volontà del piccolo Will e cerca di aiutarlo a realizzare il suo sogno. Partiti in auto per la Turchia senza i biglietti, dopo molte prove e tribolazioni, Will ottiene il suo desiderio ed ha la migliore esperienza di quanto avrebbe mai potuto immaginare in occasione della finale“. Fonte Wikipedia.

Il messaggio presente nel film è fortissimo. Un bambino così piccolo, così debole di fronte al mondo, tenta un’impresa molto più grande di lui e senza soldi (perché derubato) riesce nel suo intento. Fin dall’inizio sono ricorrenti i richiami prima alle stelle (le supernove), poi al talento (quello di Will nel disegnare, quello di Alek nel giocare a calcio) ed infine a quell’aiuto che “l’universo” offre agli “audaci“.

I dialoghi nel film sono molto interassanti e pieni di significato. Nel colleggio con i suoi amici all’inizio e dopo quando organizzano il piano di fuga. Poi con il padre appollaiati sull’albero. Col commerciante di frutta asiatico appena arrivato clandestino a Parigi. Ancora con lo sconosciuto incontrato a Notre Dame e che lo aiuta dopo la disavventura del portafoglio. Quelli con Alek e il suo amico Fitzy. E ancora durante il viaggio verso la Turchia.

Come in Bosnia quando Alek si ferma dalla propria famiglia per un po’ prima di ripartire ed in un campo di terra battuta giocando a pallone Will gli domanda – Chi te lo ha insegnato? – ed Alek palleggiando risponde – E a te chi ti ha insegnato a disegnare? -.

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Tutti sulla falsariga del “chiedi e ti sarà dato” e del “You’ll Never Walk Alone” (non camminerai mai più solo) canzone adottata dalla squadra del Liverpool come inno ufficiale. Dialoghi che accompagnano lo spettatore per tutto il viaggio veicolando un messaggio profondo di unità con la vita, le esperienze e le persone che si incontrano, che però non risulta mai inopportuno in contrapposizione col futile fine ultimo della partita di calcio, che alla fine diventa infatti irrilevante. Segui sempre i tuoi sogni!

Will… non a caso un nome (e titolo del film) che vuol dire volontà, arbitrio, volere, desiderare…

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Una risposta a “Un film sul calcio può insegnare qualcosa di così importante?”

  1. […] 59 anni per una rombante auto sportiva. Il protagonista Will (e già sul nome si potrebbe disquisire a lungo), interpretato da Justin Timberlake, vive nel “ghetto“, la zona più povera della […]

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