La Capanna dello Zio Tom – recensione, ebook ed audiolibro

capanna-zio-tom Questo libro è rimasto sullo scaffale della mia libreria per circa venti anni. Ad un certo punto però, durante un trasloco, l’ho notato e mi è venuta voglia di leggerlo; quasi come se volessi rivivere dei ricordi lontani di una vita precedente.

Nell’immaginario collettivo “La Capanna dello Zio Tom” è un romanzo per bambini, al massimo per ragazzi, ma non è così. Fu pubblicato nel 1852 da Harriet Beecher Stowe, un’attiva antischiavista, dapprima a puntate e poi come romanzo completo. (foto: Copertina della Prima Edizione | Fonte: Wikipedia)

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La Trama in breve…

Il protagonista è Tom, uno schiavo nero, che vive con la moglie ed i figli presso la piantagione di un padrone magnanimo. Vive una vita dignitosa nonostante la sua condizione. Un giorno però il signor Shelby, a causa di problemi finaziari è costretto a vendere Tom ad un rozzo e spietato mercante di schiavi. Così iniziano le avventure/disavventure di Tom che si intrecciano a distanza con le vicende di Elisa (Eliza in lingua originale) scappata per salvare il figliolo Enrico (Harry), venduto per lo stesso motivo.

Non voglio scendere troppo nei particolari, per non svelare dettagli importanti a chi avesse voglia di leggere il romanzo, in ogni caso chi non volesse sapere altro può saltare questo paragrafo. La sorte in un primo momento sorride a Tom, che nonostante lo sconforto per aver dovuto abbandonare forzatamente la moglie ed i figli, trova un nuovo padrone di animo ancora più nobile, Agostino (Augustine) St. Clare, il padre di Evangelina. Ma le vicissitudini della vita sono imprevedibili, ancor più per uno schiavo che non ha potere neanche su se stesso, e nel momento forse più vicino alla libertà per Tom si aprono le porte dell’inferno. Ma tutto accade per un motivo, non esistono coincidenze.

La schiavitù

La Capanna dello Zio Tom” viene pubblicato nel 1852 in seguito a un atto legislativo promulgato nel 1850, la Fugitive Slave Law, che decretava il dovere di denunciare gli schiavi fuggiti e la restituzione ai proprietari, il romanzo ebbe un profondo effetto sugli atteggiamenti nei confronti degli afroamericani e la schiavitù negli Stati Uniti e rese più acuto il conflitto che condusse alla guerra civile americana (fonte Wikipedia).

Quindi anche se apparentemente il tema principale del romanzo è lontano dai nostri tempi, il messaggio e la forte spiritualità presenti in esso lo rendono attuale ancora oggi. La Stowe infatti dipinge la schiavitù, volutamente, sotto diversi aspetti per andare a colpire le diverse tesi e i preconcetti che la società statunitense del tempo aveva su questa istituzione. Nei salotti mondani e nei luoghi di culto, soprattutto al nord, la “faccenda” era molto dibattuta, ma spesso le posizioni restavano a favore della schiavitù o nel migliore dei casi si propendeva per una sorte di un’impotente apatia.

Al sud la situazione era diversa, la schiavitù era giusta e necessaria per la “crescita” economica, qualche proprietario di “merce umana” aveva buon cuore e quindi lasciava vivere una vita quantomeno accettabile ai propri schiavi, però la maggior parte dei “padroni” li trattava alla stregua di bestie da soma. Ai più sfortunati capitava un padrone crudele e spietato, ben descritto dalla Stowe con la figura di Legree, a cui interessava solo il “profitto“.

A questi loschi figuri, meno rari di quanto le cronache del tempo vogliano farci credere, interessava solo il tempo che ognuno di quegli esseri umani avrebbe potuto lavorare prima di morire. Perché era più conveniente spremere fino al midollo uno schiavo per ricomprarne un altro dopo un lustro o due, che nutrire decentemente e offrire una vita più dignitosa alle decine o centinaia di anime costrette a raccogliere cotone per 12 o più ore al giorno.

La cruda realtà

Anche se oggi siamo abituati alla violenza, dato che ce la propinano in tutte le salse, costantemente durante tutta la giornata, tutti i giorni in televisione, nei telegiornali, nei film, nei videogiochi e ovunque ci sia un pezzetto di muro libero per incollarci un cartellone pubblicitario o uno schermo a led; alcune sequenze del romanzo turberebbero chiunque. Immagino cosa abbiano potuto trasmettere al pubblico di oltre un secolo e mezzo fa.

La Stowe non racconta le atrocità e l’efferatezza di certi uomini nei minimi particolari, ma allo stesso tempo ha quella delicatezza di far intendere quanto terribile possa essere realmente stata allora la vita degli schiavi. Madri separate dai figli, anche neonati, in un momento di distrazione; famiglie distrutte, schiavi venduti all’asta dopo un fallimento o dopo la morte di un padrone magnanimo; belle ragazze contese fra i peggiori e più luridi mercanti di schiavi…

Dio e la spiritualità

Nonostante tutto c’erano schiavi capaci di coltivare una certa spiritualità e la fede in Dio. Anche se quella vita vissuta peggio delle bestie avrebbe indurito il cuore di chiunque, Tom, ed altri come lui, riuscirono a trovare dentro di sé la forza e la fede in Cristo. Alcuni di loro si ersero come fari per le altre povere anime oppresse dalla schiavitù.

Mentre invece i “bianchi“, probabilmente tormentati da una sorta di senso di colpa collettivo, erano alla costante ricerca di una giustificazione più “alta” per la schiavitù. Le “chiese” erano “certe” che Dio approvasse tali metodi, tanto che in uno dei dialoghi più belli, a mio parere, del romanzo, uno degli uomini migliori (ed anche uno dei meno “cristiani“), Augustine Saint-Clare, arriva a queste conclusioni:

“— Religione! — esclamò Saint-Clare con un accento che fece alzar la testa alle due donne. — Religione! È forse religione quella che può piegarsi e voltarsi, e discendere, e ascendere per adattarsi alla egoistica società mondana? È una religione quella che è meno scrupolosa, meno generosa, meno giusta e amorevole verso l’uomo, di quanto non lo sia io, benché irreligioso, mondano e cieco? No; quando io cerco la religione, guardo a qualche cosa che sia al disopra di me, non al disotto.
[…]
— Ebbene, — riprese Saint-Clare — supponiamo che una cagione qualunque facesse alfine ribassare e per sempre il prezzo del cotone, e gli schiavi fossero divenuti una merce di nessun valore sul mercato; non credete voi che si avrebbe presto un’altra versione della Sacra Scrittura? Lasciate che la schiavitù diventi inutile, e vedrete la Chiesa, illuminata di nuova luce, scoprire che la schiavitù è condannata dalla Bibbia e dalla
ragione.”

Parole attualissime anche ai giorni nostri se solo provassimo a sostituire la parola “schiavitù” con uno qualsiasi degli attuali “dogmi” irrazionali, illogici, insensati, anacronistici, ingiustificati e lesivi della libertà e dell’uguaglianza degli esseri umani, sostenuti da una qualunque delle religioni monoteistiche mondiali che si autoproclamano dententrici della verità ultima ma che non si sono mai rese conto (o forse lo sanno benissimo ma non vogliono ammetterlo) che questa verità esiste a prescindere dalle loro strumentalizzazioni, non è prerogativa di nessuna ma è comune a tutte.

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Conclusione

La schiavitù è oggi percepita coma un’aberrazione, un’anomalia nella storia dell’umanità. Ma solo centocinquant’anni fa era legale nel paese che si dichiara, neanche tanto velatamente, il migliore di tutti. La storia però si ripete. Fra un secolo o due ci guarderemo indietro provando lo stesso sdegno verso l’attuale situazione sociale, politica, etica ed economica, perché “nessuno è più schiavo di colui che si ritiene libero senza esserlo” (Goethe).

P.S.

Per chi avesse intenzione di leggere od ascolatere “La Capanna dello Zio Tom” consiglio Liber Liber, una fantastica risorsa oline che fra gli altri tesori offre il romanzo della Stowe sia in versione ebook che audiolibro.

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