PANDORA – Capitolo 11

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Entrando nella rete di caverne sotto la montagna, Yiren certo non si era aspettata di trovare delle torce accese, un Portale, né tantomeno quel bizzarro gruppo di persone, compreso il suo misterioso passeggero, Nomus; al contrario, dopo averlo salutato solo all’inizio di quella stessa, assurda giornata, la donna era stata piuttosto sicura che non l’avrebbe più rivisto.

Tuttavia, queste sorprese non furono nulla a confronto con la presenza di quello strano bambino inquietante e del suo cane mostruoso, oltre ovviamente all’improvvisa comparsa, sulla porta, delle stesse terrificanti creature che erano piovute su Vecchioconfine.
Nella mischia che era seguita, Yiren aveva compreso che non le sarebbe stato possibile tornare indietro – le gallerie erano troppo strette per far virare agevolmente la nave – e decise di assecondare le impellenti richieste di Nomus e dei suoi compagni; con il suo aiuto, lo strano gruppetto mosse delle pietre alla base del Portale e, quando ebbero finito, Nomus pose su esso le mani, che presto brillarono come fulmini nella notte. Un istante dopo, il Portale era attivo e scintillante!
Senza perdere altro tempo, l’intera, bizzarra combriccola salì a bordo e filò attraverso il Portale, lasciandosi alle spalle quella spaventosa orda.
Dall’altra parte, parvero essere al sicuro: l’uscita del varco si apriva su un vasto mare notturno, sul quale la nave si mosse con la maggior rapidità possibile. Subito fu chiaro che non erano inseguiti.
Affidando a Phonse il compito di condurre la nave in cerca di un approdo (orientarsi, di fatto, sarebbe stato impossibile, non sapendo nulla del mondo in cui si trovavano), la capitana ebbe così modo di farsi spiegare cosa diamine stesse accadendo. Dopo un momento di incertezza, in cui i vari membri di quell’assurdo gruppo si guardarono tra loro perplessi, a farsi avanti fu un ragazzo di qualche anno più giovane di lei, dall’aria svelta e dagli occhi fin troppo vivaci. Il giovane le fece un sorriso esagerato e disse:
– Non è proprio facile, ma proverò a farti un quadro della situazione…
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Il giorno dopo, Vejen era sul ponte, insieme a Negato, appoggiato al parapetto. I due avevano fatto colazione insieme e ora stavano lì, guardando lo sconfinato mare che li circondava su ogni lato, assaporando la brezza salmastra con aria riflessiva. Il cacciatore aveva appena posto una domanda al ragazzo, il quale però continuava a restare in silenzio; quando venne richiamato, con aria distratta disse:
– Hai notato i suoi occhi? Sembrano argento! Non avevo mai visto occhi così belli!
Con un sospiro, Negato si sfregò la faccia ruvida.
– Sì, d’accordo, ma non è quello che ti ho chiesto. Quello che io ti ho chiesto è: cosa facciamo ora? Io ho la maledetta sensazione di aver perso il controllo della mia vita… è come essere finito, per sbaglio, nella storia di qualcun altro. Non è piacevole. Mi sembra che non abbiamo nessun riferimento; cosa dovremmo fare? Continuare a seguire quel bambino terrificante? Sembra che tutti guardino te, quindi lo chiedo a te. Allora?
Vejen parve rifletterci su un momento, voltò lentamente lo sguardo verso l’uomo e disse, con la più grande serietà:
– E hai notato com’è sexy quando si arrabbia? Ieri, quando ha minacciato di strapparmi il cuore a mani nude se non l’avessi smessa di divagare, era… adorabile! E poi, beh, il fascino della divisa è quel che è, no?
Soffocando un urlo di rabbia, Negato si costrinse a mantenere la calma.
– Ho capito che ti piace. Ma io sto parlando d’altro, dannazione! E poi che divisa? Non indossa alcuna maledetta divisa: è una pirata, diamine!
Scrollando le spalle, il ragazzo replicò:
– Sì, d’accordo, una divisa immaginaria. È pur sempre una capitana. Comunque – aggiunse prima che il cacciatore perdesse le staffe e gli saltasse addosso – per ora non c’è molto che possiamo fare. Seguiamo la corrente e vediamo cosa ci riserva il futuro.
Corrucciato, Negato rinunciò alla discussione e tornò a guardare il mare. Provò a cambiare argomento:
– Mi è sembrato incredibile che Nomus sia rimasto così tranquillo, ieri notte. Ero praticamente sicuro che, appena arrivati da questa parte, avrebbe aggredito il bambino. Tu non ne hai idea, Vejen: io ho seguito quella strega per mesi, durante i quali il Perduto era sempre sulle nostre tracce, e ho potuto capire fin troppo bene quanto odio covasse. Eppure, ieri si è limitato ad andarsene in un angolo della nave, per “meditare”.
– Penso che sia solo questione di tempo. Staremo a vedere, immagino.
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Navigarono per tutta la mattinata, mentre sulla nave aleggiava una pesante atmosfera di incertezza, dubbio e inquietudine: i marinai non avevano praticamente idea di cosa stesse accadendo, dato che Yiren aveva deciso, per molte ragioni, di limitarsi a spiegargli il minimo, almeno per il momento; il falso bambino si ritirò a meditare a un capo della nave, facendo rabbrividire gli uomini con la presenza sua e del cane che gli dormiva accanto, mentre Nomus andò a rinchiudersi in una cabina, lo sguardo più fosco che mai.
Finalmente, la quiete fu rotta dalla vedetta che gridò, squarciando il silenzio:
– Terra! TERRA!
Subito la rotta fu aggiustata nella direzione indicata, mentre tutti si preparavano a ogni situazione.
Di lì a poco, fu chiaro che c’era qualcosa di strano: quella che inizialmente pensarono essere un’isola, si rivelò presto essere invece una città di grandi dimensioni sospesa pochi metri sopra il livello del mare, fluttuante. A giudicare da lontano, la città era molto antica e abbandonata: grosse mura grigie costellate di torri sbrecciate, portoni e inferriate arrugginite, alti palazzi ricoperti di edera e stormi di gabbiani che ne occupavano le sommità. Man mano che vi si avvicinavano, iniziò a porsi la questione: esplorarla o ignorarla? Ovviamente, ognuna delle due ipotesi aveva i suoi pregi e i suoi difetti, ma la totale mancanza di informazioni impediva di prendere una decisione. Vejen, illuminandosi, si allontanò per una decina di minuti, quindi raggiunse Yiren per parlarle.
– Capitana, ho delle notizie per te!
Con un sospiro di rammarico, la donna seguì lo strano ragazzo per sentire cosa avesse da dire.
– Non so che città sia, ma so che potrebbe essere abitata. Almeno, so per certo che c’è dell’attività interna, quindi può darsi ci siano delle persone. O almeno del cibo.
Scoccandogli un’occhiata scettica, Yiren cercò di frenare il proprio disprezzo. La vivacità e l’espansività di quel giovane le ricordavano un cagnolino iperattivo e lei, beh, odiava i cagnolini.
– E come faresti a sapere tutte queste cose, di grazia?
– Me le ha dette il mio libro. – replicò lui ammiccando, quindi, prima che lei esplodesse, le spiegò brevemente le capacità del suo artefatto, mostrandogliene le pagine e l’effetto; mentre lei lo fissava sbalordita, lui, con un sorriso smagliante, aggiunse:
– Il mio libro ha anche aggiunto che io e te saremmo una magnifica coppia, sai?
Lei si limitò a fissarlo esterrefatta per qualche istante, quindi si voltò a raggiungere i suoi luogotenenti, per pianificare la prossima mossa. Vejen, vedendola allontanarsi, non ridusse di un briciolo il suo sorriso; tra sé e sé, si disse che era solo questione di tempo.

Alla fine, fu deciso di esplorare la città; mentre Yiren, sul ponte, stava dando disposizioni su come avrebbero proceduto, Nomus emerse dalla sua cabina e avanzò determinato fino al falso bambino, sempre immobile e quieto nel suo angolo all’estremità del ponte. Il bambino non lo guardò nemmeno, ma all’avvicinarsi del Perduto, il grottesco cane rizzò di scatto la testa, volgendo verso di esso le sue orbite cave e digrignando i denti deformi, emettendo un lento brontolio disgustoso. Erano soli: tutti gli altri erano impegnati ad ascoltare Yiren o a organizzarsi per lo sbarco. Nomus fece un altro passo avanti, e subito il cane si erse, ringhiando, mentre vermi neri colavano dalle sue labbra putride e gli artigli ritorti grattavano il ponte.
– Tu, portatore di morte! – esordì, tuonando, il Perduto – È venuto il momento di saldare il conto! Di pagare per la distruzione del mio mondo!
Il falso bambino, finalmente, aprì gli occhi, guardandolo con aria indifferente.
– Credevo avessi deciso di rimandare questo confronto.
– Ho detto che avrei aspettato che quella gente fosse al sicuro. Ora lo è abbastanza per quanto mi riguarda. Alzati: ho atteso troppo a lungo questo momento, per limitarti a incenerirti mentre nemmeno mi guardi!
Il cane deforme si pose tra il bambino e Nomus; una bava acida si riverso sfrigolando sul ponte, mentre inarcava la schiena, dalla quale frammenti di ossa gialle erompevano, lacerando la pelliccia sudicia e brulicante di vermi. Il bambino rimase immobile, dicendo:
– Io non ho interesse a combattere con te, e non mi occorre difendermi. Se verrò distrutto, significa che così era scritto, e io non mi oppongo al filo del destino. Anche se temo che la bestia reagirà; devi comprendere che non la controllo. A differenza di quello che puoi aver creduto, questo “animale” non mi appartiene: esso è il mio guardiano, e mi odia almeno quanto te, se non di più.
– Se è così – replicò Nomus, per la prima volta insicuro – come mai ti difende?
– Lo fa perché vuole che io viva per ora. Nel suo corpo corrotto vive uno spirito che ha compreso il mio ruolo nelle cose che avverranno, e che vuole tenermi in vita fino a che avrò salvato le persone cui tiene. Quando ciò sarà accaduto, presumo che vorrà essere lui stesso a uccidermi, se potrà.
– Non ho paura di questa bestia! – eruppe furente Nomus, puntando una mano contro l’animale, mentre il braccio gli veniva percorso da brevi archi elettrici.
– Non lo metto in dubbio. È possibile che tu la uccida prima che essa uccida te. E altrettanto probabilmente, potrai colpirmi prima che la strega intervenga, anche se ritengo sia questione di attimi. Eppure, mi domando se sia quello che vuoi davvero. Distruggermi, intendo.
– Perché non dovrei, dannazione? – nella voce di Nomus, la rabbia si mescolava con l’indecisione e un principio di disperazione.
– Perché io avrò ancora un ruolo negli eventi che verranno; se tu ora mi uccidi, condannerai a morte certa le persone che sono qui, ora, su questa nave, gli abitanti del mondo che abbiamo lasciato e quelli di molti altri. Devi solo decidere, quindi, cosa per te ha più valore. Vendetta? Giustizia? Sfogherai la tua ira o la sacrificherai a un bisogno morale? Io non mi opporrò, qualunque scelta tu farai.
Digrignando i denti, Nomus aprì la mano, focalizzando un nucleo di plasma sul palmo, mentre il cane piegava le zampe posteriori, pronto al balzo.

Continua nel capitolo 12 dove…

1. Nomus prende una decisione!

nuovalon062Vendetta! Il falso bambino morirà, a qualunque costo!
nuovalon063Giustizia. Non è giusto sacrificare il futuro degli altri per soddisfare la propria vendetta; questa potrà aspettare in futuro.

2. Viene formato il gruppo che esplorerà la città; chi ne farà parte? Uno o più dei seguenti?

nuovalon062Vejen.
nuovalon063Negato.
nuovalon064Yiren.
nuovalon065Hereza.

3. Cosa li attende nella misteriosa città galleggiante?

nuovalon062Amichevole ospitalità: è tanto che nessuno viene a trovarci!
nuovalon063Rovine morte: l’attività viene da macchine abbandonate.
nuovalon064Intrusi? Come osano! Dovranno morire!
nuovalon065Accoglienza diffidente: non vengono attaccati, ma a nessuno piacciono gli stranieri.

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