PANDORA – Capitolo 13

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Negato, sulla nave, continuava a sentirsi profondamente irrequieto. Come Nomus, si era trovato a un passo dalla possibilità di vendicarsi, dovendovi rinunciare a causa di una situazione estrema. Tuttavia, ora che si trovavano al sicuro, per quanto sicura potesse ritenersi la loro posizione attuale, cosa si frapponeva realmente tra lui e la strega?

Fino a quando Vejen era rimasto a bordo, si era sentito più tranquillo, per qualche strana ragione: in qualche modo, quell’assurdo ragazzo lo faceva sentire a suo agio, nonostante tutto. Subito ne capì il motivo: Vejen era, senza ombra di dubbio, la persona meno minacciosa che avesse mai incontrato; irradiava il desiderio di non far del male a nessuno e l’aspettativa di poter risolvere ogni problema con una chiacchierata davanti a una bibita fresca.
Ora, però, il ragazzo, insieme alla donna pirata e alcuni dei suoi uomini, era scomparso all’interno di quella inquietante città fluttuante e, mentre da una parte il cacciatore si chiedeva cosa avrebbero trovato, dall’altra non riusciva a smettere di pensare a Hereza. La strega era lì, a pochi passi da lui, chiusa nella cabina che Yiren aveva deciso di darle nella confusione generale. Negato rifletté attentamente: Hereza era potente e pericolosa, tuttavia ora era sola e relativamente vulnerabile; era chiaro che, nonostante lei si prodigasse di attenzioni verso il falso bambino, questi non la degnava della minima considerazione, e non sarebbe accorso in sua difesa. Erano solo loro due e, se lui fosse riuscito a colpirla prima che lei tentasse di nuovo di soggiogarlo con i suoi poteri…
Di certo non poteva far finta di niente. Non con lei così vicina. Inoltre, se avesse aspettato troppo, forse non avrebbe avuto un’altra opportunità. Di certo, una volta tornato a bordo Vejen, sentiva che sarebbe stato molto più difficile: sia perché il ragazzo lo rendeva più tranquillo, sia perché questi, ne era abbastanza sicuro, avrebbe cercato di impedire un loro scontro. Prese un respiro, si raddrizzò, afferrò la pistola di Roseracht e si diresse con passo deciso verso la cabina della strega.
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Vejen stava trafficando con il suo libro da un bel po’ di tempo, in silenzio e con aria concentrata. Yiren osservò che non era mai rimasto in silenzio per così tanto tempo e quasi iniziò a preoccuparsi. Quasi. I suoi uomini si erano seduti a terra e sui gradini della stanza, in annoiata attesa.
– Allora, ne sei capace o no?
Lui si voltò sorridendole, un pollice alzato.
– Oh, mia signora, nessun problema! Il libro sta analizzando tutti i dati disponibili: ha già ricavato uno schema generale di funzionamento, solo che ora lo sta spiegando a me e sto cercando di studiarlo bene per evitare errori. Non vorrei, non so, attivare l’autodistruzione dell’isola o cos’altro.
Lei osservò il ghigno del ragazzo cercando di capire quanto credesse veramente in ciò che diceva. Con uno sbuffo spazientito riprese:
– D’accordo, ma di cosa si tratta? È un sistema di sorveglianza? Un pannello di controllo? A che serve?
– Sembrerebbe, almeno in teoria, un terminale collegato a una rete estesa, probabilmente al meccanismo che sorregge l’isola a mezz’aria. Per questo vado così cauto: se per sbaglio lo disattivassi, sempre che sia possibile, sarebbe un problema; anche se stiamo galleggiando a meno di quattro metri dal mare, lo schianto di centinaia di tonnellate di città sull’acqua produrrebbe un impatto, beh, disastroso.
Anche se dicendo queste cose sorrideva, lei capì che era serissimo. Reprimendo un’imprecazione, la donna si costrinse ad aspettare ancora un po’, pazientemente.
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Orrec, seppur pieno di incertezze, dubbi e paure, si era messo a girovagare irrequieto per tutta la nave, o almeno per quelle parti della nave cui aveva libero accesso. Pareva, tuttavia, che l’equipaggio non avesse ricevuto ordini restrittivi nei confronti suoi e del suo “gruppo”, quindi poteva muoversi abbastanza liberamente.
Non sapeva bene cosa cercava, ma gli erano rimaste impresse le parole di Vejen; probabilmente lui non avrebbe potuto fare nulla di concreto per salvare la sua famiglia, sempre che non fossero già morti – no, a quell’ipotesi non voleva nemmeno pensare – e di certo, negli eventi enormi che si stavano susseguendo, un semplice pescatore come lui aveva ben poco peso. Eppure, il ragazzo gli aveva chiesto di “tenere d’occhio la situazione” e, in qualche modo, era riuscito a convincerlo che forse, in qualche modo, una mano avrebbe potuto darla anche lui. Fu camminando così a caso che vide da lontano Negato, il cacciatore, muoversi furtivamente, una mano affondata in una tasca gonfia in modo sospetto; gli ci volle un istante per capire che stava andando dalla strega bionda.
Il primo istinto di Orrec fu di darsela a gambe: non voleva certo trovarsi in mezzo a personaggi simili… che si scannassero tra loro! Tuttavia, non poté non ricordare come Vejen avesse chiesto espressamente, a lui e Nomus, di assicurarsi non succedesse niente di grave durante la sua assenza. Con un sospiro disperato, Orrec imboccò il corridoio nel quale Negato era sparito.
Lo trovò dietro la porta della strega, la sua bizzarra pistola in pugno e una luce agghiacciante negli occhi; non appena Orrec mise piede nel corridoio, il cacciatore si voltò di scatto verso di lui, puntandogli l’arma al cuore. Orrec, sbiancando, si irrigidì alzando le mani, talmente terrorizzato da non riuscire nemmeno a dire di non sparare.
Per fortuna, Negato aveva riflessi eccellenti e subito abbassò l’arma, guardandolo con aperta ostilità; gli si avvicinò, parlando a bassissima voce:
– Che diavolo ci fai tu qui? Torna sul ponte e dimentica di aver visto niente. Adesso!
Orrec avrebbe voluto obbedire all’istante, ma, con enorme sorpresa, si udì rispondere:
– Che cosa hai intenzione di fare?
Negato gli si avvicinò a un dito di distanza, respirando minacciosamente; il suo tono era aspro e tagliente:
– Non ti riguarda.
– Io credo di sì. Ecco, quello che succede adesso sulla nave, riguarda tutti noi. O almeno credo.
– Ma cosa… di che diavolo parli?! – con un grugnito, sempre più furente, lo spinse nel corridoio principale – Tu sei qui con noi per errore, dannazione! Non che io ci sia per scelta, bada bene. Non sai nulla di quello che è successo tra me e quella dannata strega e non dovresti impicciarti di cose che non conosci. Ora sparisci!
Abbassando le mani, e preparandosi a un’esplosione di violenza dell’altro con rassegnazione, Orrec disse:
– So di essere fuori posto, qui. Non sono un guerriero, e di certo non ho talenti preziosi. Non sto capendo quasi nulla di quello che accade, come hai detto. Però so che la mia unica chance di uscire da questo incubo l’avrò fidandomi di Vejen, e lui mi ha chiesto di assicurarmi che tu… non ti mettessi nei guai.
Negato lo fissò sorpreso, dimenticando parte della sua ira, a bocca aperta. Prima che potesse replicare, Orrec riprese:
– Non so cosa sia successo tra te e quella donna… quella strega. Puoi spiegarmelo, se vuoi. Ma qualsiasi cosa sia, se persino Nomus ha deciso di… rinviare, la sua vendetta, penso che possa aspettare anche tu. Ma se sei davvero deciso a incontrarla, vorrei venire con te.
Negato scosse la testa, mentre un accenno di sorriso asciutto gli compariva in faccia.
– Andare a parlarle solamente, eh? E cosa farai se le cose prendessero una brutta piega? Se iniziassimo a lottare? A quel punto ti beccherai un colpo vagante e sarai morto in modo idiota.
– Almeno – replicò subito Orrec con un sospiro – avrò tentato di fare quello che posso.
Abbassando leggermente le spalle, fino a quel momento contratte, Negato si lasciò andare contro una parete.
– Al diavolo. Se la incontro ora, possono succedere solo tre cose: l’ammazzo, lei ammazza me, o mi convince in qualche modo a non ucciderla. E continuo a pensare che ammazzandola farei un favore a tutti. È una creatura abietta e meschina: di che utilità è a tutti noi?
– A quello che mi sembra di aver capito – replicò incerto Orrec – quella pioggia nera che ha avvolto la mia città, così come l’attacco di quelle creature mostruose, sono opera di una persona, della quale la strega è acerrima nemica. È tra tutti noi l’unica che conosca questo tizio, e l’unica che sappia come affrontarlo. Non so di che utilità possa essere a te, ma sono certo che potrebbe aiutarmi a salvare la mia famiglia.
– Ma non capisci? Non le importa nulla di te, non ha motivo di aiutarti!
– Forse no, ma anche una vaga speranza è meglio di niente. È tutto quello che ho.
Negato rimase immobile per un poco, quindi esalò un profondo respiro e, rimessa la pistola nella cintura, si incamminò per il corridoio, diretto verso il ponte. Disse, senza voltarsi:
– Forza, vieni. Volevi sapere cosa è successo esattamente, no? Immagino che sarai piuttosto confuso. Parleremo mangiando qualcosa.

Vejen si alzò di scatto, entusiasta.
– Ecco, ci siamo. Ho capito come funziona. Venite tutti qui che ve lo mostro. Credo, mia signora, di aver vinto la mia cena!
Yiren si avvicinò al ragazzo, sorridendo suo malgrado, osservando lo schermo dal suo fianco. Il giovane stava toccando alcune sezioni del cristallo con sicurezza e rapidità; in risposta al suo tocco, sul pannello prendevano forma immagini e frasi in uno strano alfabeto.
– Come ti dicevo, è un terminale. È collegato a una banca dati centrale, e ora è al nostro servizio.
– Come fai a capire cosa dice? Capisci questo alfabeto? Non si può tradurlo, in qualche modo?
Con un sorriso sornione, lui le si avvicinò dicendo:
– Conosce solo questa lingua ma, mia signora, sei fortunata: io posso tradurla per te. Magari potrò insegnarti come faccio, durante la nostra cena.
Attanio alzò un sopracciglio, ma lei gli fece cenno di restare a posto e replicò, fredda:
– Non costringermi a farti del male, vuoi? Tu traduci e, se smetti di fare il pagliaccio, potremo andare d’accordo.
Lui si fece improvvisamente serio e iniziò a parlare, sorridendole ancora solo con gli occhi:
– Questo terminale è collegato, a quanto pare, alla banca dati centrale della città; è rimasto attivo fino a ora, continuando a osservare e registrare tutto ciò che è accaduto nella città dal giorno in cui fu creato. In qualche modo, sembra avere una sottile forma di consapevolezza, e sembra ansioso di raccontarci la sua storia. Tu hai qualche domanda specifica, mia signora?
– Intanto smetti di chiamarmi così. Chiedigli… chiedigli da quanto tempo la città è deserta, e perché. Che fine hanno fatto i suoi abitanti? Voglio capire se siamo al sicuro, o se c’è qualche pericolo. Poi chiedigli se ci sono ancora risorse utili in città. Infine, chiedigli in che mondo siamo: quali sono i paesi più vicini, che popoli incontreremo, se ci sono altri Portali. Qualsiasi cosa.
Con un inchino, lui replicò:
– Ogni tuo desiderio è un ordine.
Di nuovo, prese a muovere rapidamente le dita sul cristallo; ben presto le parole iniziarono a scorrere come un fiume sullo schermo; mentre le frasi si componevano, Vejen prese a leggerle, svelando la sorte dei creatori di quella città…

Continua nel capitolo 14, dove…

1. Viene raccontata la storia dei creatori della città:

nuovalon062Anche loro, come i Perduti, sono stati spazzati via da una misteriosa epidemia. Che ci sia un collegamento?
nuovalon063Essi sono ancora vivi e presenti, in animazione sospesa nelle fondamenta della città.
nuovalon064Gli abitanti della città sono dovuti fuggire in tutta fretta, per mettersi al riparo da una terribile minaccia!
nuovalon065La città è stata devastata da una follia omicida che ha invasato i suoi abitanti, portandoli a sterminarsi gli uni gli altri.

2. Una volta conosciuta la storia della città…

nuovalon062Il viaggio riprende: avute informazioni sufficienti sul mondo in cui si trovano, Vejen e Yiren tornano alla nave e si rimettono in cammino.
nuovalon063Meglio continuare l’esplorazione: la città può celare altri segreti!
nuovalon064La scelta viene presa, per loro, da un evento esterno.
nuovalon065I nostri trovano un ultimo lascito degli abitanti della città.

3. Una svolta nel capitolo sarà:

nuovalon062Un’incursione!
nuovalon063Un oracolo.
nuovalon064Una morte improvvisa.
nuovalon065Un risveglio.

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