PANDORA – Capitolo 8

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Negato e Vejen si inginocchiarono presso Nomus, immobile per terra; con gesti rapidi, il ragazzo tolse il cappuccio al Perduto, quindi gli aprì la pesante giacca, mettendo a nudo il petto, argentato e ricoperto da sottili venature nere come il volto. Tamponando goffamente la ferita, Vejen chiese a Negato cosa potevano fare per salvarlo, ma il cacciatore scrollò le spalle, frustrato, ammettendo di non averne idea. Vejen, allora, tirò fuori il libro, chiedendogli consiglio; quando il libro disse che gli occorreva conoscere l’arma usata, Vejen se la fece consegnare dal cacciatore, esaminandola. Negato chiese, osservando affascinato la scena:
– Come fa il libro a vedere la pistola? Ha degli organi di senso?
Mentre il libro elaborava le sue informazioni, Vejen trovò il tempo di rispondere:
– Una specie. Il libro si connette alla rete neurale di chi lo usa: in sostanza, percepisce il mondo attraverso di me.
Negato annuì, con aria stupita, realizzando l’immenso valore di un simile oggetto. Intanto il libro spiegò la situazione: l’arma usata era la pistola di Roseracht, un artefatto leggendario. I cui proiettili erano studiati per distorcere i campi di forza e deformare le strutture energetiche; per questo, quando il Perduto aveva tentato di bloccare il proiettile, l’energia prodotta era stata convogliata dal proiettile, e ritorta contro di lui. Per prima cosa occorreva rimuovere il proiettile.
Senza esitare, Vejen si fece ridare da Negato il suo stiletto, che usò come strumento chirurgico improvvisato; pur conscio del rischio di aggravare la ferita, si rendeva conto di non avere molte scelte. Dopo un lavoro attento ma rapido, in cui altri copiosi fiotti di liquido scuro trasudarono dalla ferita, Vejen riuscì infine a estrarre il colpo. Il libro spiegò quindi che dovevano rifornire energia al Perduto, così che questi potesse usare i propri poteri per rigenerarsi; questa volta, fu Negato a trovare la soluzione: nel suo equipaggiamento c’era una batteria al plasma; con l’aiuto di Vejen, smontò alcune parti dell’apparecchio, collegandone le estremità alla ferita aperta. Subito, istintivamente, Nomus iniziò ad assorbire l’energia della batteria, riacquistando visibilmente forze e colore. Quando la batteria fu prosciugata, i due tamponarono e chiusero la ferita come poterono, quindi aspettarono per vedere se erano intervenuti in tempo.
Intanto, ne approfittarono per presentarsi decentemente, e chiarire gli ultimi eventi.
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Orrec si riparò dietro un albero, terrorizzato. Osservò, angosciato, l’ultima parte visibile della sua barca sprofondare nel fiume, quindi rivolse lo sguardo a ovest, verso Vecchioconfine: contro lo sfondo del sole che si approssimava al crepuscolo, la città era un caotico miscuglio di fiamme impazzite e di oscurità dilagante, come un fiume d’ombra. Con crescente terrore, il pescatore osservò ciò che stava risalendo, lentamente ma con costanza, il corso del fiume.
Decine, dozzine, forse centinaia. L’uomo si strofinò di nuovo gli occhi, pregando fosse un sogno, ma così non era: un’armata di creature scheletriche, scure e terrificanti, avanzava decisa nella sua direzione, sparpagliandosi lungo tutto il percorso, senza lasciare vie di scampo. Erano grotteschi, con volti simili a teschi in cui brillavano occhi luminosi, e brandivano armi contorte e macabre.
“Cosa ho fatto di tanto sbagliato? Dove ho peccato?” si chiese Orrec, con aria miserabile. Fino a poco prima andava tutto bene: stava scendendo in città ricco come non mai, pieno di speranze e gioia. Poi era cominciata la pioggia di detriti, uno dei quali aveva colpito la sua barca, distruggendone il motore. Ora, ironia della sorte, Orrec aveva i gioielli e le monete degli stranieri, ma forse non avrebbe più avuto modo di spenderli.
Maledicendo la propria sfortuna, l’uomo si rese conto che di lì a pochi minuti l’orribile armata l’avrebbe raggiunto, e non aveva intenzione di scoprire di persona che intenzioni avessero; verso nord e verso sud le montagne sbarravano il cammino, senza contare che lo avrebbero raggiunto in fretta. Con un sospiro disperato, si rese conto che la sua unica possibilità era raggiungere le montagne e iniziare la scalata, seguendo le tracce dei suoi bizzarri passeggeri. Imprecando coloritamente, iniziò a correre.
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Sul ponte della Tagliacuori, Yiren osservava, sgomenta e quasi affascinata, gli eventi che si susseguivano lungo la costa, mentre la nave la aggirava rapidamente.
Dall’inizio della pioggia di detriti era passata non più di mezz’ora, eppure sembrava essere trascorsa una vita; armata di cannocchiale, Yiren aveva visto la strana pioggia precipitare sulla città e nei dintorni, portando distruzione, fiamme e oscurità, ma il peggio era venuto di lì a pochi minuti: i frammenti più grossi si erano dischiusi come fiori grotteschi, e ne erano uscite, a frotte, figure mostruose. Il peggio, tuttavia, era arrivato quando, dopo i primi dieci minuti di pioggia infernale, dal cielo era caduto un detrito più grosso degli altri, dritto nelle acque della baia: in poco tempo, altri detriti lo avevano raggiunto, ammassandosi gli uni sugli altri, e all’improvviso una mostruosità enorme era sorta dal mare, una sorta di palazzo nero, tutto guglie e rostri ritorti, che si alzava a ogni minuto che passava, iniziando a torreggiare sulla costa.
Capendo che la situazione poteva solo peggiorare, Yiren aveva subito dato disposizione di allontanarsi verso il mare aperto, ma prima che riuscissero ad allontanarsi troppo, un’onda anomala scatenata dal sorgere del palazzo nero aveva travolto le numerose navi che cercavano di fuggire, e una di queste, grossa e pesante, era stata scaraventata contro la fiancata della Tagliacuori; Attanio aveva subito guidato una squadra per riparare il danno, ma era chiaro che la nave non avrebbe potuto allontanarsi di molto, né particolarmente in fretta. Prima che l’equipaggio potesse farsi prendere dal panico, però, Phonse espose un’idea ad Yiren, che approvò rapidamente: circumnavigando quel tratto di costa verso nord, si arrivava a una rete di caverne e gallerie costiere in cui avrebbero potuto trovare riparo, anche solo per il tempo necessario a riparare il danno.
Yiren guidò dunque i suoi uomini in quella direzione, e la donna si trovò a sperare che le cose non peggiorassero ulteriormente.

Alla fine della lunga chiacchierata, quando il sole si apprestava a tramontare, Vejen tirò fuori dalla borsa un cristallo dall’aria bizzarra.
– Questo è il Prismaedron, un cristallo che permette di manipolare la luce in vari modi, è con questo che ho creato l’ologramma che ti ha ingannato.
Negato si grattò il mento ispido, pensoso, e rispose:
– Ragazzo, ti rendi conto che con te porti alcuni degli artefatti più preziosi che ho mai visto? E poi non è molto prudente mostrarli con tanta leggerezza al prossimo. Come sai che non cercherò di rubarteli? Ognuno di loro vale una smodata fortuna!
Vejen scrollò le spalle, rispondendo con un sorriso:
– Non credo lo farai. Penso tu sia un brav’uomo.
– Ho appena cercato di uccidervi! – replicò Negato, spalancando gli occhi. Vejen fece di no con un dito, replicando con calma:
– Non è vero. Innanzitutto, hai cercato di uccidere lui; hai sparato a me solo dopo che io ti ho attaccato. E poi comunque non eri in possesso della tua volontà. È acqua passata.
Negato scosse la testa, shockato, senza riuscire a capacitarsi del modo di fare di quel ragazzo.
– Rimane la domanda: cosa hai fatto per liberare la mia mente dal giogo di quella strega?
Vejen annuì, ponendo la domanda al libro, che rispose subito:
– Merito dello stiletto, “l’Infame Quaringish”: quell’arma ha, tra gli altri, il potere di sciogliere legami spirituali e psichici. Quando ha trafitto la gamba del cacciatore, ne ha liberato la mente.
Negato rimase ulteriormente sbalordito, replicando, con aria allucinata:
– Ma non è possibile! Quante erano le possibilità che tu usassi esattamente quell’arma? E poi mi hai colpito per sbaglio! Ti rendi conto dell’assurda, immensa quantità di coincidenze che… è impossibile!
Vejen lo guardò con un sorriso sornione, replicando:
– Se è successo, significa che non era impossibile. E poi te l’ho detto, i Due mi guidano.
Finalmente, Nomus si risvegliò. Si muoveva stancamente e goffamente, ma sembrava aver recuperato parte delle sue forze; senza esitare, Vejen gli fece un rapido resoconto della situazione, e Negato gli si presentò dicendo, con una certa ansia, forse temendo di essere disintegrato all’istante:
– Mi dispiace di averti attaccato. Non ho nessun motivo di volerti morto, e non voglio averti come nemico. Al contrario: se tu sei nemico della strega, io desidero esser tuo alleato; voglio vendicarmi di quella maledetta per tutto ciò che mi ha fatto. Io…
Ma Nomus lo interruppe, con voce stanca, dicendo:
– Va bene. Potevi uccidermi e non l’hai fatto, mi basta questo. Il resto non mi interessa: il mio nemico è a un passo da me e non voglio perdere un solo altro minuto. Potete venire, restare o andarvene, non mi riguarda.
Senza che lo chiedesse, Vejen lo aiutò a rialzarsi; il Perduto sembrò prima infastidito dal gesto, ma parve poi accettarlo con riluttante piacere. Senza aggiungere altro, i tre ripresero la scalata; Negato approfittò quindi dell’occasione di spiegare cosa avrebbero trovato una volta giunti in cima, e cosa aspettarsi dalla strega. Fu solo mentre salivano che poterono osservare il cielo verso occidente, e Negato ne approfittò per chiedere ai suoi compagni se sapessero di cosa si potesse trattare. Vejen scosse le spalle, mentre il Perduto replicò, seccamente che non gli interessava. Senza preoccuparsene ulteriormente, ripresero la scalata.

I tre giunsero sulla sommità del monte, nei pressi del grande lago, proprio mentre il sole tramontava sul mare. Arrivarono nei pressi del tempio in rovina, dove trovarono Hereza ad attenderli; la strega li fissava con occhi gelidi e crudeli, e attorno a sé aveva disposto talismani e sigilli vari. Nel vederla, Negato, gli occhi pieni di rancore, le puntò contro la pistola di Roseracht, mentre il Perduto, ignorandola palesemente, si guardò intorno, in cerca del falso bambino. Vejen, gettò un’occhiata carica di curiosità allo scenario, tenendosi pronto a tutto. La strega, quindi, prese un profondo respiro e disse:
– Negato, per il tuo tradimento, pagherai! E tu, Perduto, non ti darò modo di mettere in pericolo il mio maestro! E tu… – si fermò a osservare, incerta, Vejen – Chi diavolo sei, tu?
Con un urlo di rabbia, Negato prese la mira e sparò un colpo; Hereza, che si era preparata, agitò una mano, e un pilastro di roccia si alzò a proteggerla, deviando il colpo. Mentre il cacciatore si preparava a sparare un secondo colpo, Nomus concentrava le sue energie e la strega agitava le mani preparandosi a scatenare un letale contrattacco, però, Vejen si gettò tra loro gridando:
– Fermatevi! Non sentite?
Gli altri ne furono così sorpresi da fermarsi ad ascoltare. Un lento, crescente vibrare iniziò a propagarsi nell’aria. La strega fu la prima a rendersi conto di cosa succedesse, e impallidì guardando verso occidente; gli altri seguirono il suo sguardo sorpresi.
Orrec si inerpicò con fatica sulla piana rocciosa, e subito si rimise in piedi, iniziando a correre urlando verso di loro, con una maschera di puro terrore in volto. Senza perdere di vista la strega, Nomus, Negato e Vejen si spostarono, e presto fu ben chiaro da cosa l’uomo stesse scappando. Di lì a un minuto, infatti, un’orda di creature terrificanti emerse, come un vulcano ribollente e urlante, su per le rocce, provocando un rumore assordante. Hereza tese le mani, scatenando un turbine oscuro che ne scaraventò una dozzina per aria, lanciandoli giù per il dirupo; chiarito in fretta che non era la strega a manovrare quell’orribile armata, i tre compagni si gettarono una rapida occhiata.
Occorreva prendere una decisione, e occorreva prenderla in un istante.

Continua nel capitolo 9 dove…

1. Come gestire questo improvviso attacco?

nuovalon062Il nemico del mio nemico è mia amico! Per questa volta, potranno combattere al fianco di Hereza!
nuovalon063Nessuna tregua, nessuna alleanza!
nuovalon064Combattere è inutile: mentre la strega è distratta, perchè non puntare direttamente al tempio e al bambino?
nuovalon065Disaccordo: ognuno dei tre potrebbe avere piani diversi, a rischio di dividersi.

2. Nel corso della confusione, quale di queste cose accadrà?

nuovalon062La morte di un personaggio tra Nomus, Vejen o Negato.
nuovalon063L’arrivo del misterioso avversario.
nuovalon064Raggiungono tutti la salvezza, e incontrano il falso bambino.
nuovalon065Morte di Hereza.

3. Qualcosa della storia di Pandora viene rivelato – lo so che doveva accadere in questo capitolo, ma lo spazio è tiranno!

nuovalon062La creazione dei Portali
nuovalon063La fine dei Perduti.
nuovalon064Il culto di Hereza.
nuovalon065L’origine di qualche artefatto del potere, come il Libro o la pistola di Roseracht.

0 Risposte a “PANDORA – Capitolo 8”

  1. Allora, dato che stavo per dire lo stesso, prima di aver letto la domanda dico:

    1. A

    Poi le altre:
    2. B
    3. C

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