Perché Facebook terrorizza Google? [Editoriale]

Facebook fa paura a Google

Google è ancora la più grande e la migliore compagnia di pubblicità online, non lo dico da fanboy o da fanatico (che poi è praticamente la stessa cosa), ma da professionista dell’advertising online che ha avuto l’opportunità di lavorare, e di investire cospicui budget, facendo pubblicità su entrambe le piattaforme.

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Nonostante questo Google è da un po’ che ha paura di Facebook, ha paura di perdere il predominio sulla pubblicità online, anche se le sue entrate dell’ultimo trimestre superano quelle di Facebook di tutto il 2011.

Attualmente Facebook ha qualcosa di importante che Google non ha, ed è quello che spaventa ma che allo stesso tempo fa gola a Larry e Sergey. Facebook conosce chi siamo ad un incredibile livello di dettaglio semplicemente perché siamo noi a dirglielo.

Questo permette a Facebook di adattare e personalizzare gli annunci pubblicitari molto più di Google, cosa che piace molto agli inserzionisti ed è il motivo per cui Google ha partorito un mostro sociale come Google+.

Però anche se Facebook permette di personalizzare gli annunci adattandoli all’utente con informazioni quali indirizzo, età, sesso, interessi precisi, connessioni facebook, orientamento sessuale, religioso e politico, situazione sentimentale, lingua, livello di istruzione e posto di lavoro, questo non significa che fare pubblicità su Facebook sia più profittevole che farla su Google.

Cerco di spiegarvi meglio secondo quella che è la mia esperienza professionale. Se io sono su Facebook non mi piace essere disturbato con pubblicità varie, per tutti Facebook è un luogo di svago, dove passare il tempo e comunicare con gli amici.

In questo stato d’animo una pesona è portata ad ignorare gli annunci pubblicitari (ed è dimostrato dai CTR bassissimi delle campagne sul social network), gli annunci che hanno i migliori risultati su Facebook sono quelli di dating (belle donnine ammiccanti) e qualche gioco (che di solito si svolge su facebook stesso). Non mi è mai capitato, come penso neanche a voi, di vedere e cliccare su un’inserzione di un prodotto hi-tech o di un paio di scarpe e poi aver effettuato un acquisto su un e-commerce.

Su Google invece è diverso, se io sto cercando “vendita scarpe online” o “sconti cellulari android” sono mentalmente propenso ad effettuare un acquisto ed è per questo che cliccherò, con maggiore facilità, su un’inserzione che mi propone quello che sto cercando; allo stesso tempo non giudicherò invasiva perché, effettivamente nel promuovere un prodotto o un servizio, mi ha aiutato nella ricerca.

Questo modo intelligente di fare pubblicità ha reso Google una delle migliori aziende al mondo e ha dato l’opportunità ad aziende piccole e medie di farsi trovare e, con investimenti contenuti, di competere con grosse multinazionali. Però in questi anni c’è stato il boom di Internet, sempre più utenti si sono connessi al web giorno dopo giorno e questi numeri hanno cominciato a far gola ai reparti di marketing peggiori di tutti, quelli con poca competenza e tanti soldi, che hanno inondato internet di pubblicità e (permettetemelo) imbastardito il settore.

In questa nuova ottica di fare pubblicità online (più simile a quella televisiva) la dignità dell’utente è passata in secondo piano, come è passato in secondo piano il ROI diretto delle campagne pubblicitarie (ed ecco il motivo dei maggiori investimenti in Facebook). A questo punto Google invece di continuare con i principi che l’hanno accompagnata fin dalla fondazione (il famoso slogan “don’t be evil“), si è fatta “infettare” da questa nuova mentalità pubblicitaria che ha invaso la rete ed ha iniziato a rincorrere Facebook.

Ed è così che oggi ci ritroviamo a leggere le ridicole dichiarazioni di Sergey Brin, in un’intervista al Guardian, che accusano Apple e Facebook di “essere una minaccia per la libertà di Internet a causa del loro approccio chiuso ai software“, arrivando addirittura a giustificare le sue parole dicendo che “queste società non dovrebbero chiudere ai siti come Google l’accesso alle informazioni contenute all’interno delle loro reti“. Quando poi è ovvio, e tutti gli operatori del settore lo sanno, che è Google ad essere in grado di determinare chi avrà successo su internet.

Una dimostrazione del fatto che ormai Google ha paura di Facebook e desidera in tutti i modi tenergli testa con Google+. Questo purtroppo disperde gli sforzi della società e sta rovinando anche il motore di ricerca con questa smania di “ricerca sociale“.

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Questo mi dispiace perché, da professionista web ed esperto Google, non vedo più nell’azienda un esempio a cui ispirarmi quando penso alla libertà ed alle potenzialità di internet. Forse mi sbaglio, forse c’è un motivo dietro tutto questo, ma se c’è fatico a vederlo. Cosa ne pensate? Approvate in tutto o in parte il mio pensiero? Pensate che mi sto sbagliando di grosso? Dite la vostra nei commenti!

Ps. Se avete bisogno di un esperto di web marketing e/o una consulenza adwords, potete visitare il mio sito professionale e contattarmi.

PPs. Se desiderate approfondire la questione ecco alcuni articoli che ho letto e a cui mi sono ispirato per scrivere questo Editoriale/Sfogo personale:

readwriteweb.com [Inglese]
bgr.com [Inglese]
androidiani.com
kyweek.com 1
kyweek.com 2

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3 Risposte a “Perché Facebook terrorizza Google? [Editoriale]”

  1. gran bell’articolo, imho il problema è non solo facebook quanto apple, che col suo marketing religioso sta spingendo google a fare mosse stupide, vedasi g+ e la lentezza dell’uscita di un servizio cloud, e la lentezza nello sviluppo di maps con l’integrazione della realtà aumentata legata ai vari servizi che già google possiede, comunque spero che dal prossimo anno torni in carreggiata e ridiventi dont be evil

  2. Si ci sarebbe molto da dire anche sul dualismo Google-Apple, però questa analisi che ho fatto è fortemente incentrata sull’advertising online che è poi il mio settore di riferimento.

    Con apple oltre al software e al marketing entra in gioco anche il lato hardware e le cose si complicherebbero dato che android su questo settore offre un’ampia gamma di soluzioni.

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