I 5 errori peggiori che un blogger possa fare

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Foto: Trouble Around The Bend

Sono passati più di 10 anni da quando ho messo online il mio primo blog, in realtà allora non si parlava ancora di “blog” o “blogger“, almeno in Italia, ma genericamente di “sito internet personale“. Ricordo ancora il mio primo esperimento, guarda caso fatto proprio col nostro amico Eli, un sito web dedicato al fantasy, con un glossario di parole, creature leggendarie, personaggi mitici ma anche tutorial, curiosità, immagini e videogiochi.

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Internet a quei tempi era ancora terra di nessuno, eravamo in pochi pionieri collegati molte ore con modem 56k, pagando a consumo, per aggiornare un sito che pesava poco più di 5 megabyte o giocando online su Battle.net a Warcraft III!

Da allora la strada è stata disseminata di errori e fallimenti, che mi hanno però insegnato tante cose. Guardando indietro con occhio critico posso dire con una certa confidenza quali siano state le 5 lezioni più importanti che ho imparato sui blog nel modo più duro possibile… e cioè con l’esperienza diretta.

1. Scegliere il Profitto invece che la Passione

Successivamente, dopo alcuni tentativi, ho aperto un blog su “come guadagnare con un blog“… nulla di più sbagliato da fare se si vuole veramente fare della propria passione un lavoro online. La cosa andò avanti per diversi mesi ma non decollò mai. In quel periodo però ho imparato tante cose sul “lavorare online“, infatti prima di scrivere un qualsiasi articolo dovevo studiare l’argomento (fu proprio in questo periodo che conobbi Adwords e posi le basi per diventare un professionista del web marketing, ma questa è un’altra storia).

Sostanzialmente imparai:

  • quali erano gli argomenti più ricercati online (e come valutarne il volume di traffico)
  • quali erano le nicchie di mercato più profittevoli (guadagni/visite)

Così iniziai diversi blog, su argomenti di cui non mi interessava praticamente niente, come ricette, abbigliamento, borsa e finanza… nessuno di questi naturalmente ingranò e mi trovai esausto dei miei sogni di blogger perché la mia mente era paralizzata ed il mio spirito era svuotato da quei temi che non mi piacevano.

Nel frattempo però avevo trovato il mio primo lavoro in ambito Internet e siccome le cose andavano bene abbandonai momentaneamente i miei progetti di blogger. Fino a quando aprii KyWeek.com.

Finalmente un blog che parlava delle mie passioni. Scrivevo un po’ di tutto quello che mi piaceva, soprattutto applicazioni e servizi web, videogiochi, un po’ di tecnologia e qualche recensione.

Il sito crebbe dapprima lentamente e poi sempre più velocemente quando iniziai scrivere di Android… ero contentissimo però avevo violato ancora una volta la prima regola: mai scegliere il profitto invece che la passione.

All’inizio pensavo che mi piacesse scrivere articoli sull’aggiornamento del software dell’ultimo smarthpone, o di fare recensioni su quei cosi plasticosi della Samsung, e per un po’ l’ho fatto; ma poi mi sono trovato intrappolato, per oltre un anno, in una routine massacrante di scrivere/correggere/pubblicare una dozzina di articoli miei e di qualche collaboratore ogni giorno… il ritorno economico si era fatto interessante ma non stavo facendo quello che veramente mi piaceva… e (fortunatamente, col senno di poi) qualche mese dopo ci ha pensato Google a fermare questo strazio.

2. Dare troppo conto alla SEO

C’è un gruppo di persone online, si fanno chiamare SEO (coloro che si occupano di Search Engine Optimization) e si credono professionisti web, che studiano continuamente come ingannare i motori di ricerca facendogli credere che i loro contenuti siano pertinenti e di buona qualità. Si rifanno a svariate teorie e tecniche dai nomi esotici che puntualmente Google scopre e penalizza nel giro di qualche mese.

Una di queste è la “link building“, letteralmente costruzione di link, che consiste nell’andare a creare un certo numero di backlink (link che puntano al nostro sito), partendo da directory web (studiate bene cosa sono, potrebbero chiedervelo al vostro prossimo colloquio), siti di comunicati stampa o con commenti su altri siti e blog.

Questo ha funzionato fino ad un certo punto quando Google, con uno dei suoi ultimi aggiornamenti, ha deciso che un blogger (o più in generale un webmaster) è responsabile non solo per il suo sito ma anche per tutti i link che puntano verso di esso. Dato che all’inizio su KyWeek avevo fatto delle attività del genere, probabilmente è per questo che è arrivata la tanto temuta “penalizzazione“.

Ma allora la SEO non serve? Assolutamente Si! Ma nel limite dell’ottimizzazione della struttura del sito, dei titoli, dei testi, degli URL e poco altro; senza mai dimenticarsi che un blog deve essere concepito per i lettori.

Quindi invece di perdere tempo con tecniche SEO di dubbia utilità e di dubbia efficacia è meglio dedicarsi alla creazione di contenuti… mi piacerebbe dirvi di “qualità” ma non è così, Google predilige la “quantità” altrimenti non si spiega perché network di blog che pubblicano dai 30 ai 50 e oltre articoli al giorno, scritti da quindicenni decerebrati con gravi lacune grammaticali e ortografiche, siano preferiti nel posizionamento a siti che ne pubblicano pochi “ma buoni” alla settimana.

L’ideale sarebbe avere sia la qualità che la quantità ma non è la stessa cosa, in termini di impegno e dispendio energetico, pubblicare una news scopiazzata da un sito americano di due o trecento parole o un excursus culturale o filosofico di cinquemila parole.

Ma tutto questo naturalmente dipende anche da quello che vuole il pubblico…

3. Il dominio sbagliato

Forse se “KyWeek.com” avesse avuto un nome diverso, in italiano e facilmente ricordabile, adesso non sarei qui a scrivere su “Blog di Carta“. Ma non è il solo errore che si può fare con i nomi a dominio.

Soprattutto all’inizio, per risparmiare (si tratta di 20€ l’anno circa) ci si affida a servizi gratuiti e quindi ci si ritrova con un orribile nomesito.qualcosa.ext, naturalmente non trasferibile.

Altre volte si sbaglia a scegliere l’estenzione geografica (in Italia non è un vero problema, hanno valore pressocché uguale sia il .it che il .com se si scrive in italiano; ma pensate a chi scrive in inglese ed ha comprato un dominio australiano “.co.au” o neozelandese “.co.nz” e l’audience diventa globale…), o si sceglie il .net o .org invece del .com. Peggio di tutto c’è solo un dominio con i trattini…

4. Rimpianti

Se forse avessi gestito questo o quel sito in modo diverso… se non avessi fatto delle sciocchezze per tentare di velocizzare la crescita… se gli argomenti mi fossero piaciuti di più… se… se…

Non si vive di rimpianti, si deve guardare avanti. Ho imparato molto dai miei fallimenti e questo ha portato ogni nuovo progetto ad essere migliore del precedente…

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5. Provare a fare tutto da solo

L’esperienza con KyWeek mi ha distrutto psicologicamente e fisicamente soprattutto perché non ho mai imparato a delegare. Facevo tutto io, dalla produzione dei contenuti al processo editoriale alla gestione dei social network. Non lasciavo ai miei collaboratori neanche la possibilità di pubblicarsi da soli gli articoli. Dovevo avere il controllo totale su tutto, anche sulle immagini, sui tag e sulle categorie…

…questa cosa è impossibile da sostenere se si è parte di un team di cinque o sei persone… l’unione fa la forza…

E voi? Avete un blog? Quali sono secondo voi gli errori peggiori che un blogger possa fare?

Articolo ispirato da: problogger.net

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