40 anni vergine (Judd Apatow, 2005)

– – – Attenzione questa opinione potrebbe svelare qualche particolare del finale del film – – –

All’inizio può sembrare la solita commedia americana a sfondo eroti-comico, sia dal trailer che dalle “voci di corridoio” fa pensare a qualcosa di già visto.
Un uomo affetto da sindrome di peter pan colleziona giocattoli e si diverte con videogiochi e modellini, lavora in un negozio di elettronica, continua la sua vita dove sembra aver rinunciato del tutto all’approccio con l’altro sesso. Tutto fila liscio fino a quando, in una serata di poker fra colleghi, i suoi amici scoprono che è ancora vergine e fanno di tutto per aiutarlo a superare questa barriera…

Iniziano così le tante “prove” che questo poverino deve superare sotto la spinta dei colleghi.
Tutto inizia come scherno ma poi col passare del tempo e con l’istaurarsi di un’amicizia più solida fra i colleghi riaffiorano i valori ed i sentimenti…
Quando infatti Andy (Steve Carell) si trova di fronte ad una ragazza dai facili costumi ha come un rimorso, essendosi innamorato nel frattempo di Trish (Catherine Keener), esita alla tanto ricercata meta, ed è infatti a questo punto che il film come l’aspettativa del pubblico cambiano, d’un tratto il problema passa dall’ossessiva ricerca della “prima volta” ad una attesa amorosa, per arrivare a donare la propria verginità alla donna che ama. E’ a questo punto che, a parte la banalità, la trama riesce a trovare il suo picco e riesce a trasmettere l’importanza di certi valori che oggi sembra non ci siano più.
In generale potrebbe sembrare la solita banale commedia americana, ma cercando un po’ più in fondo si riescono a scoprire quei messaggi, quei valori e quei sentimenti che fanno del film non una “cosa già vista” ma qualcosa da apprezzare e capire.

Pubblicato originariamente su ciao.it il 06/02/2006

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