La Centrale Fotovoltaica Spaziale

Energia Solare nello Spazio

Foto: NASA’s SDO Catches a Double Solar Eruption

Il conto alla rovescia è iniziato. Nel giro di 20 anni, soldi permettendo, la Terra avrà una centrale solare spaziale: 4000 m2 di pannelli fotovoltaici orbitanti a 36000 km dalla Terra, capaci di inviarci grandi quantità di energia pulita. L’ha annunciato l’agenzia spaziale giapponese, la Jaxa.

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E già nel 2020 la società spaziale europea Eads Astrium conta di lanciarne una più piccola. L’idea di una centrale fotovoltaica spaziale, fantascientifica per l’epoca, era stata lanciata da un ingegnere Usa, Peter Glaser, nel 1973. Spinta dalla crisi petrolifera, nel 1979 la Nasa aveva investito 50 milioni di dollari per studiare un progetto fattibile.

Ma 20 anni dopo aveva gettato la spugna: troppi problemi tecnici da risolvere, e soprattutto troppi gli investimenti (275 miliardi di dollari dell’epoca) necessari per realizzarlo. Ora però torna in auge, grazie a nuovi progressi scientifici, al bisogno di puntare sulle energie verdi per abbattere le emissioni di CO2 e a una nuova crisi energetica che rischia di profilarsi all’orizzonte.

Nello spazio, l’energia del sole (1371 W/m2) è molto più abbondante che quella sulla terra (170W/m2), dato che la luce non è filtrata dall’atmosfera e dalle nuvole. E questa abbondanza fa gola a molti. Tanto più che i limiti tecnologici di 40 anni fa non esistono più. Mandare nello spazio un’enorme struttura ricoperta di pannelli solari su un’orbita geostazionaria, cioè in sincronia con la rotazione della Terra, non è certo un problema.

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Il problema per il momento resta uno solo: come inviare sulla Terra l’energia ricavata dal Sole? La tecnologia ha trovato due soluzioni: le onde radio e il laser. Ciascuna presenta vantaggi e svantaggi e su entrambe c’è ancora molto da lavorare.

Autore: Roberto R.

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