PANDORA – Capitolo 2

Due

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Era una notte profonda e silenziosa, lungo la costa: sotto il cielo nuvoloso e senza luna, il quieto rumore della risacca, o l’occasionale infrangersi di una piccola onda contro le scogliere scure, erano gli unici rumori udibili.
La costa era desolata e brulla, senza abitazioni per chilometri e chilometri, in una zona ormai priva di pescatori o turisti, che un tempo erano abbondati; dove un tempo si estendevano vaste spiagge dorate, ora c’erano solo scogli bruciati e chiazze vetrificate dalle esplosioni.

Eppure, in quella notte così calma, poteva sembrare quasi che la guerra fosse solo un ricordo lontano. Quasi.
Lentamente, un rumore quasi inudibile si aggiunse al mormorare del mare notturno: una nave si muoveva con rapidità e discrezione, spostandosi con agilità sull’acqua, producendo il minimo trambusto possibile. Era una sofisticata e affascinante: affusolata ed elegante, era completamente nera; la prora aguzza lacerava l’aria della notte come un coltello affilato, e nel complesso la sezione superiore appariva come una goccia d’ombra, liscia, sulla quale il vento scivolava senza opporre resistenza o generare rumore. Lentamente, i motori, già silenziosi, andarono progressivamente spegnendosi, mentre la nave si andava a infilare in una particolare insenatura tra gli scogli, alta e riparata. La manovra fu rapida, precisa e accorta, frutto di lunga esperienza, e in poco tempo la nave era ormeggiata a non molta distanza dalla riva. Pochi minuti, poi venne calata una scialuppa, sulla quale un piccolo gruppo di figure ammantate sbarcò cautamente.
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Appena arrivati sulla spiaggia, sassosa e devastata, Yiren si stiracchiò, camminando un po’ per far circolare il sangue nelle gambe. Stringendo bene il lungo impermeabile nero, la donna si rivolse a uno dei due uomini sbarcati con lei:
– Lasciamelo dire, Attanio, la Tagliacuori sarà la miglior nave del mondo, furtiva e veloce e silenziosa e quel che vuoi, ma i lunghi tragitti notturni sono una tortura!
Per ottimizzare gli spostamenti della nave, infatti, lo spazio interno era ridotto all’osso; quando ci si doveva spostare furtivamente, poi, non era certamente possibile muoversi sul ponte, che anzi, veniva sigillato ermeticamente. Ne risultava che, in quei momenti, l’equipaggio doveva stare chiuso in uno spazio piuttosto angusto senza potersi muovere agevolmente.
Da parte sua, l’energumeno dalla pelle scusa si limitò a ghignare, gli occhi verdi che brillavano divertiti. L’altro uomo, viceversa, intervenne con voce sussurrata:
– Attenta, capitana, non dovresti parlare a voce così alta!
Yiren fece un sorriso ferino, squadrandolo dall’alto in basso, e disse:
– Non temere, Phonse: c’è meno gente qui che donne nel tuo letto. Abbiamo preso ogni precauzione possibile. Come siamo messi a orario, piuttosto?
Phonse, borbottando qualcosa tra i denti, guardò il proprio cronometro.
– Siamo in perfetto orario. Dovrebbe arrivare da un momento all’altro.
Yiren annuì, andandosi a sedere su una roccia, mentre Phonse e Attanio si dividevano il compito di sorvegliare l’insenatura. La donna estrasse la pistola, per controllare fosse carica e in ordine: l’esperienza le aveva insegnato fin troppo bene ad assicurarsi di avere sempre tutto sotto controllo, e a non farsi mai cogliere disarmata; per sicurezza, riposta l’arma nella fondina, eseguì il suo piccolo rito d’ispezione: con rapidi movimenti, si assicurò di avere sotto mano il grosso coltello seghettato, i due coltelli da lancio, un caricatore di riserva per la pistola e una granata per le situazioni disperate.
Aveva imparato molto bene, dall’esperienza.
Quando ebbe finito l’ispezione, gettò un’occhiata distratta e divertita ai suoi due sottoposti: Phonse e Attanio erano i suoi luogotenenti, le sue mani fidate, così diversi tra loro quanto uguali nella lealtà che portavano alla loro comandante. Attanio era un giovane colosso nero, con occhi, movenze e atteggiamenti da gatto, silenzioso e rapido; aveva muscoli d’acciaio e sapeva usarli alla perfezione, e dietro di essi celava una mente più affilata dei suoi letali rasoi. Phonse, d’altra parte, era basso, tozzo e sgraziato; di mezza età, portava ridicoli cappelli per nascondere le sue calvizie, e faceva bella mostra di una scompigliata barba rossiccia. Era, tra i due, quello più cauto e prudente, e certamente non aveva la forza bruta o le abilità in combattimento di Attanio, ma compensava con l’esperienza e con una capacità ineguagliabile nel prevedere le minacce.
Finalmente, si sentì il rumore di passi su ciottoli e sabbia, e due figure emersero tra gli scogli, avvicinandosi a Yiren e ai suoi uomini; il più vicino dei due portava, tra le mani, una piccola lanterna, che emanava un soffuso lucore azzurro: una luce troppo debole per essere vista da lontano, ma sufficiente a identificare il nuovo venuto, evitandogli un’accoglienza letale. Yiren emise involontariamente un sospiro di sollievo e si alzò, facendo cenno di seguirla ai suoi uomini.
Il primo dei nuovi arrivati, quello che reggeva la lanterna, era un uomo grande e grosso, coperto da un impermeabile scadente; Yiren, riconoscendolo, lo salutò dicendo:
– Per un attimo ho creduto che i confederati ti avessero preso, Olgef. Iniziavo a temere che non avrei visto i miei soldi.
L’uomo sorrise, mostrando una dentatura orribile:
– Tranquilla, signora bella, il vecchio Olgef non manca mai ai suoi impegni. Questo è il tizio di cui ti ho parlato.
Così dicendo indicò il suo accompagnatore, che era rimasto alcuni metri indietro: era alto e sottile, ma non si riusciva a scorgere molto della sua figura, avvolta da pesanti abiti scuri e laceri, un pesante cappuccio calato sul volto, avvolto da una sciarpa nera. Doveva aver viaggiato a lungo e in condizioni pericolose, perché tutto ciò che indossava era macchiato e segnato da bruciature, tagli e lacerazioni. Avvicinandosi a Yiren, tanto che le narici di lei si riempirono del fetido alito dell’uomo, Olgef le mormorò:
– Come ti avrà detto il mio contatto, questo tizio è strano ma paga bene. Non parla molto, ma le volte che lo ha fatto è stato per ripetermi che ha bisogno che tu sia veloce più di ogni altra cosa. Non so per quale motivo, ma sembra avere una fretta dannata di arrivare a Vecchioconfine. Però sta attenta, sembra un tipo un po’ pericoloso.
– Cosa te lo fa pensare? Ha combinato qualche guaio in città?
– No, no. Tutt’altro! – rispose lui con tono cospiratorio – Però è strano. È arrivato in città due giorni fa, arrivando da sud, così come lo vedi ora; è una settimana che il fronte meridionale è un campo di battaglia senza tregua, i bombardamenti si interrompono solo per far passare le cariche di assaltatori. E lui ci è passato attraverso, camminando. In più, a quel che ho capito dalle voci, viene direttamente dal Portale!
Yiren, sorpresa, gettò un’occhiata al tetro figuro, per poi tornare a guardare Olgef.
– Il Portale? Com’è possibile? Sono anni che la piana del portale è solo un deserto di macerie radioattive e crateri fumanti…
– Lo so, mia signora, ma questo è quello che ho sentito. È un tizio strano, però paga bene, come ho detto, e a me basta questo. Solo mandarti a chiamare e portartelo qui, mi ha fruttato l’equivalente di sei mesi dei miei traffici ordinari!
Yiren sorrise: questo era quello che le interessava. Scostandosi da Olgef, con grande sollievo delle sue narici, andò incontro al suo misterioso cliente, spalleggiata dai suoi, dicendo:
– Salve, straniero. Io sono Yiren, questi sono Phonse e Attanio, e quella meraviglia laggiù è la mia nave, la Tagliacuori.
Dopo un breve silenzio, lo straniero disse:
– Bene. Non voglio perdere altro tempo. Sai già cosa voglio?
La voce del suo interlocutore fece correre un brivido lungo la schiena di Yiren. Una cosa la capì subito: non era umano. Si chiese se Olgef l’aveva capito, ma non era importante. Senza mutare espressione, rispose:
– Sì, Olgef mi ha già informata. Vuoi arrivare a Vecchioconfine; io posso portartici in una settimana. Cinque giorni se siamo fortunati ed evitiamo soste, ma ti costerà un extra.
Lo straniero mise una mano nella pesante borsa che portava sotto il mantello, osservato con attenzione da Phonse e Attanio, le mani pronte sulle loro armi, e la tirò fuori, porgendo qualcosa a Yiren; sul palmo della mano, l’uomo teneva tre cristalli arancioni, che emanavano una leggera luce nel buio. La donna trattenne il fiato, rendendosi conto di cosa stava guardando: eliocristalli, purissimi e integri. Abbastanza energia racchiusa da alimentare la Tagliacuori per un paio d’anni.
– Questi sono un extra sufficiente per arrivare in meno di cinque giorni? – chiese, con voce atona, lo straniero.
Yiren riprese il controllo e annuì, ghignando avidamente. Pensò alla paga già pattuita, e i numeri che emergevano nella sua mente le piacquero tantissimo.
– Penso che troveremo un accordo, io e te. Ora andiamo, però, qui non siamo al sicuro.
Si voltò verso Olgef per congedarlo, e proprio in quel momento il velo di nuvole si strappò, e il cielo esplose di luce: una figura titanica si stagliò nell’aria, emettendo un ruggito che fece vibrare la spiaggia e increspare il mare. Un corpo metallico enorme, costellato di gemme luminose come fari, si muoveva con ingannevole lentezza nel cielo, planando verso il basso su immense ali argentate. Prima che i presenti avessero il tempo materiale di reagire, le fauci enormi della creatura si spalancarono, e una spaventosa raffica di colpi calò sull’insenatura, frantumando e polverizzando roccia e vetro.
Fortunatamente per Yiren, la raffica era stata affrettata: evidentemente non c’era stato il tempo di individuarli con precisione, ma non sarebbero stati fortunati a lungo; voltandosi, cominciò a correre verso la scialuppa, gridando allo straniero:
– Muoviti! Non so come, ma ci hanno trovati: se non ce ne andiamo subito siamo morti!
Olgef, terrorizzato, iniziò a correre verso l’entroterra, lasciando cadere al suolo la lanterna, mentre Yiren e i suoi si affrettavano verso il mare; la donna lanciò un’occhiata affrettata alle spalle, e vide con soddisfazione che lo straniero l’aveva sentita, e li seguiva. Si muoveva in modo bizzarro: correva zoppicando leggermente, eppure in pochi istanti raggiunse la donna e lei capì che si conteneva per non superarla. Quando raggiunsero la scialuppa, arrivò la seconda raffica di colpi, e un grido disperato si levò nell’aria, interrompendosi in un rantolo orribile. Olgef non era riuscito a trovare riparo in tempo. Yiren, senza perdere la calma prese posto sulla scialuppa mentre Attanio ne avviava il motore con rapidità ed efficienza. La donna gettò uno sguardo disperato al cielo: “non ce la faremo mai in tempo!”, pensò. Se fossero arrivati alla nave, sarebbero stati al sicuro: ci sarebbe voluta più di una raffica di artiglieria per affondare la Tagliacuori, ma così esposti…
Proprio in quel momento, giunse la terza raffica, dritta su di loro; Yiren si vide già spacciata, ma un rapido bagliore avvolse la scialuppa, e nell’arco di un istante la raffica di colpi era terminata, lasciandoli indenni. Tuttavia, non c’era tempo di comprendere cosa fosse accaduto: i quattro raggiunsero la nave, salirono in fretta la scaletta, si infilarono rapidamente sotto coperta e, a un grido imperioso della capitana, tutte le entrate vennero sigillate, e la Spezzacuori ripartì, stavolta a pieno regime: i motori ruggirono, alzando un muro d’acqua fumante, mentre la nave partiva a velocità folle. Prima che un altro attacco potesse raggiungerli, si portarono in alto mare, immergendosi sott’acqua, al sicuro. Quando l’allarme fu cessato, e la nave procedeva spedita, Yiren, si accomodò sul ponte di comando, osservando i suoi uomini che si affaccendavano alle strumentazioni, e fece cenno allo straniero di raggiungerla.
– Non so chi tu sia straniero, ma so che sei abbastanza importante perché venga scatenato un maledetto drago sulle tue tracce. Inoltre, non so come mai siamo sopravvissuti, ma ho il sospetto che tu c’entri qualcosa. Ora vai pure, Phonse ti mostrerà la tua cabina, ma appena saremo al sicuro in acque internazionali e potremo fermarci a respirare, forse dovrai darmi qualche ragguaglio. E credo che dovremo rinegoziare il compenso. Per affrontare draghi, chiedo sempre una tariffa extra.
Lo straniero si limitò ad annuire, allontanandosi insieme a Phonse. Yiren iniziò a chiedersi in che razza di faccenda era andata a immischiarsi.
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Continua nel capitolo 3, in cui…

1. Compare il Falso Bambino?

2. Il personaggio principale è…

3. Incontriamo un temibile antagonista, ovvero…

4. Un oggetto chiave del capitolo sarà…

0 Risposte a “PANDORA – Capitolo 2”

  1. Adesso è difficile continuare, soprattutto per chi, come me, non ha molta fantasia… quindi scelgo la soluzione più semplice, la 1… rispondendo NO, non compare ancora il falso bambino…

  2. 1) Non compare il falso bambino
    2) I protagonisti sono Attanio, Yiren e lo straniero ammantato (con qualche spazio libero per eventuali compagni)
    3) L’ antagonista è sempre presente
    4) Una pistola, estremamente leggera, senza marchio o codice di fabbricazione, l’unica cosa che la distingue è una “R” impressa a fuoco sul calcio.

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