Baol – Quando Humphrey Bogart incontra Stefano Benni

“Baol” è un romanzo surreale, scritto da Stefano Benni, pubblicato nel 1990.

BAOL copia

Immagine: copertina del libro


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La trama

Premetto che Baol è un romanzo estremamente breve: centocinquanta pagine che scorrono come acqua, difficile da non finire in un sorso o due.
Se volessi scrivere, in una recensione, tutto quello che questa opera trasmette, insegna, lascia e suggerisce, temo che ne uscirei con un articolo grosso almeno quattro volte il racconto stesso.

Aggiungiamo che riassumere in modo coerente ed efficace una trama di Benni è già un’impresa di per sè: le storie del grande autore bolognese sono più che semplici storie; sono intricati giochi di parole, immagini e suoni. Sotto la mano di Benni, i neologismi nascono, crescono e sviluppano vita propria; immagini grottesche, deformi e completamente irreali arrivano e si impongono a spallate nell’immaginario del lettore, prendendo consistenza solida; il sarcasmo, le citazioni, i riferimenti, si sprecano mentre, con l’uso di parole minore possibile, ci si dipinge un mondo enorme, colorato, vorticante e delirante, in cui ci si perde in niente.
Questo vale per tutte le storie di Benni, e in qualche modo per Baol un po’ più che per le altre.
Ora, posto questo..

Il mondo di narrazione è fondamentalmente una distopia, sviluppato in modo assurdamente surreale.
La storia si svolge in una gigantesca metropoli senza nome, capitale di una nazione industrializzata, corrotta, inquinata, violenta e sovraffollata, dove la criminalità è alle stelle, la vita umana vale poco, lo show buisness è di fatto una religione indiscutibile e domina un regime dittatoriale; anzi, a dirla tutta è Il Regime, la superpotenza guidata dal Gran Gerarca Enoch, uomo terrificante e considerato onnipotente, coadiuvato da legioni di “gerarchi secondari, gerarchetti, dirigenti e manageri”.
Il protagonista della storia è Bedrosian Melchiade Baol, un mago Baol – essi, ci viene spiegato, sono un antico e potente ordine di maghi-guerrieri, generalmente attenti a mantenere l’ordine cosmico e dediti all’introspezione, anche se tanto più spesso si lasciano distrarre dalle belle donne e non sono propriamente esperti degli asceti.
Bedrosian, Bed per gli amici, è un uomo amareggiato, solo, disilluso, cinico e rude, ma in fondo ha un’indole generosa e sensibile; da quando ha perso il suo grande amore, Bed trascorre le sue giornate a vivacchiare alla meno peggio, spesso accampato a bere Fernet nel suo bar di fiducia, cercando di ignorare il mondo e di esserne ignorato; la sua quiete viene però interrotta quando una misteriosa organizzazione, che si oppone segretamente al Regime, chiede il suo aiuto per una missione disperata: salvare l’onore di un vecchio comico ritiratosi dalle scene, il cui nome il Regime vuole usare a proprio vantaggio.
La questione è ovviamente solo l’innesco di una miccia intricata: Bed, che verrà coinvolto volente o nolente in questa guerra ideologica, mosso solo da due motiazioni; da un lato, Bed spera, seguendo l’azione, di poter finalmente scoprire il suo suo Segreto Baol – ogni mago Baol possiede un segreto che però gli è dato di conoscere solo dopo un arduo percorso.
La seconda ragione è il vago presagio di poter incontrare di nuovo Alice, il grande amore della sua vita, che in passato lo piantò senza che lui ne avesse mai saputo la ragione. O almeno non con certezza.

Inizia così un’avventura assurda; la storia si scatena in un maelstrom di riferimenti cinematografici, teatrali, musicali e letterari, violenta satira sociale e politica, ideologie e filosofie, comicità surreale e momenti di profonda e toccante intimità, alternati a scene di cinismo bruciante.
Nonostante le risate agrodolci, poi, i misteri della magia Baol lasciano col fiato sospeso fino all’ultimo momento, fino al finale, dove i colpi di scena si sprecano.
Posso solo dire che, finito di leggere, credo di aver subìto uno shock permanente e uno sconvolgimento delle mie prospettive.

Il noir di Benni

La prima cosa che colpisce del racconto – e che lo distingue da altre opere di Benni – è il “colore” del racconto.
Baol è, a tutti gli effetti, un racconto noir.
Bed è, indiscutibilmente, una versione “benniana” di Humphrey Bogart; in particolare, richiama con violenza il grande attore nella sua interpretazione storica di Casablanca; si tratta di una visione distorta, surreale, febbricitante e satirica del suo personaggio, non c’è dubbio. Ma è lui, e non c’è possibilità di sbagliarsi.
Tutto intorno, l’opera rafforza questo effetto: nel modo di raccontare, Benni ci porta in una città perennemente immersa nella notte, una notte umida, buia, tetra, che si propaga nelle viscere di una città marcia e decadente.
La “resistenza” che cerca l’aiuto di Bed; la sua perduta Alice, la cui scomparsa lo ha reso più amaro di quanto già non fosse; i suoi pochi amici, gente rude, di poche parole, schietti e sgradevoli; i suoi nemici, eleganti e corrotti, impettiti e spavaldi, che sembrano essere stati presi di peso da un’opera di Raymond Chandler; criminalità e complotti, ombre e segreti.
Insomma, Benni riesce a prendere il nero più nero, e in qualche modo, con magistrale bravura, mischiarlo alla sua folle fantasia, rendendolo un “nero colorato”.

Satira sì, satira no

Come ho accennato, Baol trasuda critica sociale a ogni rigo.
Non è nemmeno nascosta, anzi: molte citazioni sono fin troppo palesi, ma Benni non si è mai preoccupato di nascondere le sue ideologie politiche o sociali.
Per questo motivo è accaduto, a mio avviso fin troppo spesso, che il suo lavoro venisse “politicizzato”.
Personalmente sono contrario a questo modo di fare.
Nel racconto Benni lancia battute taglienti e ciniche e, se la vostra sensibilità è facile al sentirsi ferita, forse vi conviene evitare questa lettura.
Sono scagliate frecciate contro i regimi dittatoriali, contro i totalitarismi, contro il fanatismo religioso, contro il corrottissimo mondo dello show buisness (in particolare al mondo della televisione), contro gli estremismi politici (da un lato e dall’altro, che lo si voglia ammettere o no), contro l’ipocrisia popolare e contro l’ignoranza dilagante.
E si può pensarla come Benni oppure no, questo non influisce in nessun modo sulla qualità del suo racconto.

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Baol è più di un semplice romanzo.
Leggerlo è un’esperienza onirica e forte, che non può non arricchire.
E chissà che, come me, nel leggerne il finale, non vi troviate a domandarvi qualcosa di nuovo, e di fondamentale, sul modo in cui avete percepito fino ad oggi la vostra esistenza.

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