Denaro virtuale: la storia ed il sogno dei Bitcoin

BitCoin la Valuta Virtuale

Foto: Nobody gets me Bitcoins!

Era il primo novembre 2008, quando un certo Satoshi Nakamoto pubblicò su una riservata listserv il progetto per una nuova moneta digitale chiamata bitcoin. Le informazioni a suo riguardo erano poche e contraddittorie. In un suo profilo online dichiarava di vivere in Giappone, mentre il suo indirizzo email faceva riferimento a un service gratuito tedesco. Ogni ricerca su Google si rivelavò un buco nell’acqua. quel nome era quindi solo uno pseudonimo. Ma l’idea alla base della proposta, quella di un flusso di denaro digitale in grado di bypassare banche centrali e governi, non era nuova. Sin dalla nascita di Internet sono sorti numerosi topic sull’argomento. I primi a occuparsene, negli anni 90′, furono i membri del movimento Cypherpunks. Ma nonostante gli sforzi ogni tentativo di creare denaro virtuale fallì. Da Ecash a bit gold, da RPOW a b-money, il risultato era sempre lo stesso: l’insuccesso.

[ad name=”Google Adsense 336×280″]

Una delle principali sfide da superare per il raggiungimento dell’obiettivo di una valuta digitale riguarda il problema della doppia spendibilità. Cerchiamo di capire di cosa si tratta. Se un dollaro digitale è pura informazione, libero da ogni struttura fisica di rappresentazione, cosa impedisce alle persone di copiarlo e incollarlo come un comune elemento di testo spendendolo quante volte vogliono? Come risposta al problema si è pensato a un sistema centralizzato di controllo di tutte le transazioni, in modo tale da inibire la proliferazione illecita di dollari. Una struttura potenzialmente efficace, la cui gestione va data a un’affidabile parte terza.

La soluzione pensata da Nakamoto è invece un’altra, chiamata “block chain”. Gli utenti disposti a rinunciare a una parte della propria CPU avrebbero fatto girare uno speciale software nell’ottica di costituzione di un network per il mantenimento di un controllo collettivo. Utenti che avrebbero prodotto anche la nuova moneta da immettere. Persino le transazioni sarebbero passate attraverso questo network. Si tratta, in sostanza, di un database distribuito i cui nodi certificano il flusso di denaro mediate l’impiego di sistemi crittografici. Un sistema in grado di sfruttare tutte le potenzialità delle reti peer-to-peer. I bitcoin possono venire salvati sul proprio computer o depositati su parti terze, che hanno una funzione corrispondente a quella delle banche. Comunque per ricevere un pagamento è sufficiente un indirizzo bitcoin.

Il progetto Bitcoin nasce da uno spirito che guarda con sospetto l’operato di governi, con specifico riferimento all’esempio statunitense, e banche centrali. Enti regolatori di processi inflazionistici, non sempre volti al bene della collettività, su cui comunque ricadono. Malgrado l’efficacia e la sicurezza dell’algoritmo sviluppato dal giapponese, attualmente la sua creazione riguarda un gruppo ridotto di seguaci. Sul circuito Bitcoin si stima circoli un economia complessiva pari a 57 milioni di dollari. Il software stesso, infatti, è ancora una versione beta. Ma le sue monete sono accettate già da divesi servizi, come per l’acquisto di automobili usate e contratti di sviluppo software.

Con i vostri bitcoin potete acquistare persino su siti come Amazon, grazie alla conversione del denaro virtuale in buoni regalo. Come lascia intendere la sua natura open source, la caratteristica principale di questa moneta è la decentralizzazione. Nessuno può deciderne il valore né scegliere l’immissione di nuovi quantitativi.

Ma Bitcoin può fallire? Sì, a condizione che si presenti una forte svalutazione, una drastica diminuzione degli utenti che vi sono affiliati o un potente attacco da parte dei governi intenti a smantellare un processo ritenuto da molti illecito. Qui però si apre una questione complessa, di non facile risoluzione. Come impedire l’uso di bitcoin? Essendo una rete decentralizzata e completamente anonima è di fatto sfuggente a ogni tentativo di controllo.

[ad name=”Google Adsense 336×280″]

Sarà questo il futuro del denaro? Sarebbe bello, ma probabilmente è solo una chimera. Che la rete, da strumento per le transazioni finanziarie, si stia progressivamente trasformando nel centro degli scambi economici più comuni è ormai una realtà tangibile. Cambia la forma ma non la sostanza, purtroppo. Perché i meccanismi restano i medesimi dell’economia reale e quel grosso afflato rivoluzionario di svincolamento da banche centrali e governi purtroppo è sempre più lontano. Forse, si sta attualizzando una moneta virtuale ancora più vicina alle sale del controllo, ancora più tracciabile e soggetta a processi di svalutazione. Anche se noi vorremmo compiuto il sogno dell’illuminato Nakamoto.

Fonte: wired.com

[ad name=”GoViral Video 400×385″]

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.