Il paradiso degli orchi – Un giallo ai limiti del surreale

“Il paradiso degli orchi” è un romanzo dell’autore francese Daniel Pennac, primo volume del Ciclo di Malaussène, pubblicato nel 1985.
Si tratta di un romanzo bizzarro, amaro e divertente, dolce e feroce, sempre in bilico sul filo del surreale.

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La trama

Introdurre la trama de “Il paradiso degli orchi” senza fare veri e propro spoiler è difficilissimo: dalla prima pagina, gli eventi si susseguono, fluidi e dinamici, in un flusso ininterrotto, sorprendendo il lettore in continuazione.

La storia ha luogo in Francia, nella Parigi degli anni ’80; qui, nei Grandi Magazzini, Benjamin Malaussène lavora come “capro espiatorio”: in sostanza, quando si presenta un cliente inferocito, pronto a far causa ai Magazzini per un prodotto difettoso, è compito di Benjamin assumersi tutta la responsabilità dell’accaduto, facendosi strigliare crudelmente davanti al cliente, umiliandosi all’estremo fino a che questi, commosso, è pronto a ritirare la denuncia.
Un lavoro ingrato, squallido e amaro, ma di cui Benjamin ha bisogno per sostenere la sua famiglia, una piccola orda di fratelli e sorelle che la madre gli ha scaricato sulle spalle.
Ma soprattutto, un lavoro che lo renderà, inevitabilmente, il primo sospettato quando una bomba esplode al centro commerciale, dando inizio a una serie di eventi inquietanti e spaventosi, svelando l’intreccio di un mistero con il quale Benjamin preferirebbe non avere niente a che fare.
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La trama inizia così a snodarsi tra segreti sepolti nel passato, organizzazioni segrete, investigatori sofisticati, cani epilettici, oroscopi bizzarramente accurati, fotografie di fotografie, vecchietti cleptomani, giornaliste sensuali e prorompenti e bambini pericolosamene geniali.
In questo percorso improbabile, Benjamin si trova costretto suo malgrado a investigare su quanto succede, per potersi scagionare, e per proteggere la sua famiglia, che tanto ama, addentrandosi in scoperte sempre più cupe e terribili.

Lo stile

Lo stile di Pennac è unico e brillante: scorre veloce ma nitido, dipingendo ogni scenario in modo perfetto col minimo spreco di parole.
Le descrizioni sono essenziali, i dialoghi semplici e le scene immediate; eppure, la mancanza di fronzoli non rende il racconto “scarno”, anzi, permette di andare avanti con la storia senza inutili perdite di tempo.

Il romanzo è narrato in prima persona dalla prospettiva di Benjamin, che da subito si presenta come un personaggio gentile, sensibile, dotato di un animo semplice e generoso e per il quale è tanto facile provare simpatia. I pensieri e le opinioni che accompagnano il racconto sono comunque espressi in modo leggero, e grazie all’abilità di Pennac non “interrompono” il racconto, appesantendolo con inutili flashback o con infodump gratuiti, ma lo accompagnano rendendolo sempre più intrigante.

Il capro espiatorio

Fin dalla prima pagina, emerge quello che è il tema portante della storia.
L’idea del “capro espiatorio”, una figura chiave in tutta la storia, che trova il suo principale rappresentante proprio in Benjamin il quale, capiamo, non lo è per via del suo metiere, ma al contrario: è finito col fare questo lavoro perchè egli stesso è, per sua indole, un capro espiatorio.
Di volta in volta, nel corso della narrazione, questa sua “posizione” lo porta a essere valutato, dagli altri, come un idiota, come un furbone, come un santo, come un messia o, semplicemente, come la vittima ideale
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In conclusione

“Il paradiso degli orchi” è un ottimo libro – non a caso è considerato un classico moderno della letteratura europea – e val la pena leggerlo assolutamente.
Va detto che è un libro forte, intenso, che commuove con la stessa facilità con cui genera amarezza. Un libro che, quando uno meno se lo aspetta, colpisce con forza allo stomaco: dopo averlo finito, non si può non riflettere su quanto lascia nel lettore.
I temi trattati sono tanti, alcuni più leggeri, alcuni più crudi, ma tutti gestiti con incredibile eleganza.

Una lettura consigliata soprattutto ai lettori non di primo pelo.

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