La storia del cervo zoppo

Una volta nacque un cervo con una zampa storta.

La zampa deforme lo costringeva a zoppicare, e si muoveva arrancando: doveva faticare e sforzarsi per riuscire in quella che, per gli altri cerbiatti, era una camminata pigra.

Quando c’era un pericolo, e il branco doveva fuggire, il cervo zoppo rimaneva sempre indietro, e doveva ingegnarsi in molti modi, affidandosi alla fortuna, per non essere afferrato da un predatore.
Mamma cervo, frustrata e arrabbiata, lo sgridava dicendo: “ma è possibile che inventi ogni scusa per non correre? ho capito che sei zoppo, ma potresti impegnarti di più!”
Gli altri giovani cerbiatti ridacchiavano, dandogli del pigrone e dello sfaticato, mentre lui annaspava per star loro dietro.
I cervi più anziani lo guardavano inarcando un sopracciglio, borbottando tra loro che, se questo giovane cervo insisteva a muoversi così, probabilmente VOLEVA essere preso dal lupo, e forse non meritava altro.
A seconda della fonte, a questo punto, la storia ha diversi finali.
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Il primo: il cervo, sempre più stanco, un giorno venne preso dal lupo e mangiato e, dato che era stato un esemplare patetico e deriso, non ebbe mai modo di accoppiarsi e riprodursi; il branco ne guadagnò in velocità e la specie in evoluzione.
Questo è il finale realistico e darwiniano.

Il secondo: il cervo, impossibilitato a muoversi veloce per colpa della sua zoppìa, imparò a usare il cervello e ben presto divenne il cervo più astuto del branco; inventò nuove tecniche di fuga, organizzò il branco e ne aumentò l’efficienza. Ammirato da tutti, divenne il capobranco e ottenne ammirazione e lealtà degli altri. E vissero per sempre felici e contenti.
Questo è il finale Disney.
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Il terzo: il cervo, esasperato e amareggiato, decise che ne aveva abbastanza; bestemmiando coloritamente, andò dal lupo a parlare, e i due trovarono un accordo: il cervo zoppo divenne un collaborazionista, che ogni giorno lasciava tracce affinché il lupo trovasse facilmente il branco; lasciava segnali a indicare al lupo le possibili vie di fuga e ostacolava con mezzucci vari la fuga del branco.
In questo modo, il lupo ottenne di ingrassare facilmente, il cervo zoppo sfruttò il proprio cervello per sopravvivere e i cervi stronzi ebbero quello che meritavano.
Questo è il finale che il cervo sognava durante quella notte d’inverno in cui, abbandonato dal branco e rimasto isolato, si addormentava piano nella neve per morire.

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