Il Signore di Ballantrae

“Il Signore di Ballantrae” è un romanzo storico, scritto dallo scozzese Robert Louis Stevenson nel 1889 e ambientato nel diciottesimo secolo.

ballantrae

Copertina del libro


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La trama

La narrazione è in prima persona: il cronista delle vicende è Ephraim Mackellar, amministratore e maggiordomo della famiglia Durrisdeer, antica, nobile e di lunga tradizione.
Prima dell’assunzione di Mackellar, viene a sapere questi al suo arrivo a casa Durrisdeer, la famiglia era composta da quattro persone: Lord Durrisdeer, l’anziano capofamiglia, taciturno e cauto; il figlio maggiore, James, che in quanto primogenito guadagna il titolo di Signore di Ballantrae, che da subito viene descritto tanto abile, affascinante e intelligente quanto borioso, egoista e meschino; il secondogenito, Henry, non meno intelligente del fratello ma, a differenza di questi, quieto, silenzioso e remissivo; vive infine con loro una cugina, la giovane Alison Graeme, promessa sposa di James.
Le disavventure della famiglia iniziano a causa dell’insurrezione Giacobita del 1745, a causa della quale James si unisce alla causa degli Stuart, divenendo di fatto un ribelle agli occhi della corona, mentre Henry rimane a casa, assumendosi la responsabilità della casa. Dal momento della separazione, avvenuta in malo modo, inizia tra i due fratelli una faida interminabile: tra i due esiste un innata inimicizia che si inasprisce, evento dopo evento, sfociando presto nell’odio più totale.

Dal suo arrivo a casa Durrisdeer, comunque, Mackellar ha modo di constatare, lungo il progredire degli eventi, come Henry possegga un animo fin troppo gentile, arrivando spesso a mortificarsi, umiliarsi e subire patimenti di vario genere pur di agire secondo il proprio onore e salvaguardare la stabilità della famiglia, e di come, d’altro lato, il Signore di Ballantrae sia un avventuriero privo di alcuna etica, crudele e astuto, pronto a ogni cosa pur di perseguire i suoi scopi.
Il cammino dei due fratelli li porta, lungo un vasto arco di tempo, a riavvicinarsi e allontanarsi più volte, aumentando sempre più la tensione tra i due, fino a un inevitabile conflitto finale.

Una storia di relazioni

Fare un buon riassunto della trama del “Signore di Ballantrae” è difficilissimo, per un semplice motivo: la storia di Stevenson è estremamente articolata, e l’unico modo di raccontarla bene sarebbe raccontarla tutta.
La vera qualità del racconto, infatti, che difficilmente può essere espressa in un riassunto, sta nelle relazioni tra i personaggi; in queste, l’autore riesce a creare una miniera di emozioni, arrivando a una profondità psicologica dei personaggi eccezionale e che solo una lettura di ogni capitolo può permettere di esplorare.
Le relazioni principali, comunque, riguardano Henry Durrisdeer, ognuna con il suo carico di emozioni; nella relazione con il fratello James, vediamo un legame fraterno contorto e difficile: James è il preferito di famiglia, tutti lo amano, e solo suo fratello conosce la sua vera natura; ecco che dunque nasce un bisogno di rivalsa da parte di Henry e un bisogno spasmodico di James di continuare a sentirsi superiore ad Henry; da qui, è inevitabile una rivalità infinita tra i due.
C’è poi la relazione tra Henry e suo padre, lord Durrisdeer, che pure esplora in modo amaro e doloroso la difficoltà dei rapporti padre-figlio anche oltre infanzia e adolescenza; la relazione con Alison, che Henry ama senza riserve ma dalla quale riceve, per molto tempo, solo insulti e amarezza; infine, ma non meno importante, il rapporto tra Henry e Mackellar stesso, tra i quali nasce e si rinforza un legame a metà tra l’amicizia e la devozione signore-servo; soprattutto in questa ultima relazione abbiamo gli episodi più intensi e significativi della storia, che scaturiscono dal sincero affetto e dalla profonda lealtà con cui Mackellar si impegna ad aiutare Henry nel corso delle vicende.

Il contesto storico

Robert Louis Stevenson, che è stato indubbiamente uno dei più grandi autori del diciannovesimo secolo, se non di tutti i tempi, era particolarmente abile nella stesura di romanzi storici; la cura dei dettagli, l’accuratezza dei particolari storici, la bravura nel dipingere il contesto in modo realistico e interessante erano le sue capacità migliori in questo caso, oltre a una bravura inimitabile nel tratteggiare i suoi personaggi.
In questo caso, ci si ritrova nella Scozia del diciottesimo secolo, e grande importanza, negli eventi, è ricoperta dalle vicende dell’insurrezione Giacobita; anche per chi non mastica granchè di storia inglese, la narrazione è comunque abbastanza chiara sulla sequenza degli eventi e non è difficile farsene un quadro chiaro.
In sostanza, comunque, questa insurrezione nacque dal desiderio degli Stuart, un tempo famiglia regnante d’Inghilterra, poi deposta, di reinsediarsi sul trono: il principe Charles, erede degli Stuart, convocò quindi le famiglie lealisti di Scozia (gli Stuart erano cattolici scozzesi) nella sua impresa che, però, fallì miseramene.
L’espediente cui riccorono i Durrisdeer, nel racconto, rappresenta un buon riassunto di quello che, effettivamente, vissero le famiglie scozzesi dell’epoca: al momento dell’adunata, molte casate scozzesi, con i loro seguiti (ovvero famiglie del popolino loro legate) dovettero fare una scelta rischiosa; se si fossero schierati con gli Stuart e questi avessero perso, gli insorti sarebbero stati bollati come ribelli e avrebbero perso terre e privilegi, dove non la vita; se invece avessero rifiutato la chiamata e gli Stuart avessero vinto, sarebbero stati puniti allo stesso modo in quanto disertori. Ne segue da sè che la maggior parte delle famiglie prese tempo, inventando stratagemmi, per cercare di capire quale fazione avrebbe vinto.

Il fascino del cattivo

La caratteristica più interessante del romanzo viene intuita già dalla scelta del titolo.
Il narratore della storia è Ephraim Mackellar; il protagonista effettivo delle vicende è Henry.
Allora, perchè questo titolo? Il signore di Ballantrae è James, non Henry!
La risposta è che, agli effetti pratici, James, anche se compare solo in pochi capitoli del romanzo, è una presenza costante, ossessiva, che infesta la storia come un fantasma. Inoltre, e questa è un’altra dimostrazione dell’estrema intelligenza e bravura di Stevenson, apare subito chiara una cosa: Mackellar è leale, Henry è buono, ma è James che affascina.
Pur essendo palesemente un meschino, infingardo, egoista e doppiogiochista, è ingegnoso, astuto, sagace e abile, e non si può non restarne affascinati, pur se a malincuore. In qualche modo, Stevenson ci mostra come un personaggio, pur se odioso nei modi e detestabile negli scopi, riesce a catturarsi una forma di ammirazione dagli altri se dotato di sufficiente abilità e carisma.
E non si può non restare pensosi di fronte all’epitaffio finale del racconto, che in poche frasi ne racchiude tutta l’anima.
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Giudizio complessivo

“Il Signore di Ballantrae” è un’opera importante e bellissima. Corposo e ricco di eventi, si presta a una lettura prolungata e godibile, che accompagna il lettore con emozioni intense e tempi dilatati.
I personaggi non fanno a meno di colpire con forza la sensibilità del lettore, ed è facile lasciarsi coinvolgere nel loro vissuto. In conclusione, vorrei citare una frase dell’opera che mi ha molto colpito, una perla di saggezza innegabile:
“Una delle cose peggiori dell’amare qualcuno è che la voce finisce con il diventare più importante delle parole, e colui che parla più di quanto egli dice.”

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